In questo articolo voglio approfondire un aspetto della Rivoluzione Russa che ai nostri giorni appare discutibile: Lenin, che voleva edificare il socialismo in una società come quella Russa di inizio Novecento, ha tradito Marx? O piuttosto è stato Marx a tradire le aspettative di Lenin?
Lenin, il cui nome di nascita era Vladimir Il’ic Uljanov, fu particolarmente colpito ai tempi della sua formazione politica da un episodio familiare spiacevole: l’impiccagione del fratello maggiore Aleksej, populista, coinvolto in un complotto contro lo zar. Dopo questo evento Lenin decise di prendere le distanze dal populismo (i cui metodi terroristi erano da lui ritenuti dannosi e inutili) per avvicinarsi al marxismo. Le sue idee non furono ben accolte dal regime zarista, che lo perseguitò per diversi anni dal 1895. Nel 1900 si rifugiò in Occidente dove entrò in contatto coi circoli socialisti russi.
Nel 1902, in vista del congresso del Partito operaio socialdemocratico russo, Lenin preparò un testo intitolato Che Fare, nel quale espose i principi del suo marxismo-leninismo. Lenin in pratica reinterpretò il pensiero di Marx, adattandolo però alla situazione russa, dove l’impossibilità di un’opposizione legale, il dispotismo e l’arretratezza sociale non permettevano di applicare gli strumenti delle lotte politiche occidentali. In parole povere Lenin affermava che:
- La lotta politica è prioritaria rispetto alle rivendicazioni sindacali;
- Il proletariato da solo non è in grado di realizzare una rivoluzione, per questo la lotta doveva essere guidata da un partito di “professionisti della politica”;
- Il partito non può essere democratico, perchè deve educare le masse all’ideologia marxista e guidarle alla conquista del potere.
Il problema era che la Russia non aveva i prerequisiti per applicare la rivoluzione socialista prevista da Marx: non era capitalista e la classe operaia era debole e poco numerosa. Tuttavia, Lenin era convinto che la rivoluzione si potesse e dovesse fare; il suo obiettivo era ottenere l’aiuto dagli altri paesi europei che avrebbero aiutato la Russia a svilupparsi e a realizzare con successo il comunismo.
Poiché Lenin aveva rifiutato il terrorismo e la tesi del ruolo-guida del proletariato, si distanziava dai populisti, ma al tempo stesso non rifiutava alcune loro tesi fondamentali, tra cui la necessità di creare un’élite di rivoluzionari. In questa situazione molti marxisti hanno osservato criticamente che egli puntava alla creazione del socialismo non con lo sviluppo economico e sociale del capitalismo quanto piuttosto con l’azione di un gruppo minoritario organizzato. Mentre per Marx la rivoluzione avviene proprio con il progresso economico e sociale, per Lenin la rivoluzione avviene con la volontà di conquista del potere; ecco perché il marxismo per Lenin fu reinterpretato in una prospettiva “partitocentrica”.
Si intuisce così che Lenin ha probabilmente tradito Marx; tuttavia, non è sbagliato affermare il contrario, ovvero che Marx avrebbe tradito le aspettative di tutti i comunisti. Nella storia nessuna rivoluzione ha poi seguito perfettamente lo schema ipotizzato dal filosofo. Il comunismo è nato solo nei paesi dove è mancato lo sviluppo del capitalismo, non è nato invece dalla sua contraddizione. Il marxismo in questo modo era diventato l’ideologia di élites d’intellettuali e delle minoranze della classe operaia. I marxisti delusero sempre le aspettative di chi sperava in una modernizzazione industriale che il debole capitalismo non era in grado di assicurare.