“La virtù è conoscenza“; “Nessuno compie il male volontariamente“. Questi erano i principi fondamentali dell’etica di Socrate. L’assurdità di quest’affermazione può essere smentita solo se si precisa che, per il Filosofo, tutti gli uomini agiscono con l’obiettivo di raggiungere la felicità, ovvero la realizzazione della natura umana, e che per essere felici bisogna compiere il bene. Nessuno desidera l’infelicità, e, di conseguenza, nessun uomo commette il male di sua spontanea volontà.
Quindi, stando a questa opinione, tutti coloro che compiono del male lo fanno per ignoranza, la quale porta a comportamenti involontari. Chi compie il male, lo fa perché non ha trovato i mezzi appropriati, o non si è trovato nelle giuste condizioni, per raggiungere la felicità.
San Paolo affermava invece: “Non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio“. Riconosceva il bene, ma si accorgeva di non riuscire a farlo.
Un poeta del I secolo a.C., Ovidio, nella sua Metamorfosi, scrisse: “Video meliora proboque, deteriora sequor“, “Vedo le cose migliori e le approvo, ma seguo le peggiori”.
Anche secondo Ovidio, dunque, l’uomo possiede la capacità di distinguere il bene e il male, e grazie alla ragione conosce e approva i mezzi migliori per raggiungere il proprio fine. Ma segue poi il male.
I pensieri di Ovidio e San Paolo, dunque, rispecchiano l’opinione comune. Socrate, invece, trascura un elemento fondamentale: caratterizza l’uomo solo come “ragionevole”, ma nell’uomo non vi è solo la ragione. L’uomo è un grande insieme di sentimenti, emozioni, impulsi, desideri, e sono essi che spingono spesso gli uomini ad agire, a compiere talvolta il male, quando la ragione non riesce a prevalere.
Sarà Platone, infatti, filosofo del V-IV secolo a.C., a precisare il pensiero socratico e ad esporre la complessa struttura dell’animo umano. Secondo lui, l’anima è suddivisibile in tre parti: una parte desiderante, costituita dalle voglie e dalle passioni; una parte razionale, che ha il compito di controllare e governare i desideri, essendo in grado di riconoscere il bene e il male; una parte animosa, o irascibile, che stimola le passioni.
Ognuna di queste parti può prevalere nell’animo degli uomini, e le diverse combinazioni di esse differenziano ogni individuo.
L’errore di Socrate, dunque, è di aver preso in considerazione solo una parte dell’anima di ogni uomo, tralasciando altri aspetti fondamentali che possono influenzare il suo modo d’agire. Le azioni compiute non derivano necessariamente da ciò che il nostro intelletto ci suggerisce di fare, ma sono frutto del nostro istinto, della nostra volontà, delle nostre necessità, spesso in disaccordo con la ragione.
Esposizione veramente lucida e molto convincente.
Brava Adelaide!