Da sempre, presso tutte le culture, chi sa ben argomentare riesce a persuadere le menti più deboli. Nell’antica Grecia questa capacità fu chiamata dialettica ed era insegnata soprattutto dai sofisti.
Uno di questi fu Gorgia, sofista originario di Lentini, allora famosissimo. Usava la sua abilità come strumento per aver sempre la meglio nelle discussioni e per confutare le affermazioni degli altri… un compito non facile, direi.
Secondo la sua teoria, parole e verità sono due concetti nettamente diversi e per questo le parole non hanno la funzione di dire la verità ma, piuttosto, di far credere agli altri, attraverso le capacità persuasive e le argomentazioni convincenti di colui che parla, che quello che egli afferma è il vero. Non aveva importanza l’argomento di cui si parlava, ma era fondamentale il modo col quale era esposto tale argomento. Gorgia si vantava, infatti, di poter parlare di qualsiasi argomento.
Grazie al suo metodo, colui che lo ascoltava rimaneva ammaliato dalle parole che udiva e come “incantato” si lasciava convincere. Le parole erano per lui un mezzo “magico” per stupire e convincere le altre persone.
Ma io, invece, sono dell’idea che ognuno abbia la propria opinione, che può essere giusta o sbagliata, e che il contenuto di un discorso sia importante tanto quanto il modo nel quale i concetti di tale discorso sono presentati: se una persona espone le sue motivazioni su un argomento in modo straordinario, ma tale argomento non è credibile, non sarà mai possibile che chi ascolta gli dia ragione.
La materia di cui si tratta deve avere almeno un minimo di credibilità e una base veritiera. Non è poi così facile far sembrare vero il falso e far credere che il vero sia falso perché ognuno di noi ha capacità di giudizio.
L’uomo senza spirito critico, pronto a sottomettersi alle convinzioni degli altri, che Gorgia usa come modello, non è la regola, ma, piuttosto, l’eccezione.