Chi erano i poveri nel Medioevo?
Il povero era colui che non mangiava carne e non beveva vino; era un infermo, cieco, zoppo o monco, coperto di piaghe che degli stracci lasciavano apparire con una inverecondia ripugnante; il povero viveva nella sporcizia. Egli era laido, faceva paura, lo si riteneva malvagio, era disprezzato, umiliato e lui stesso umiliava gli altri con il suo contatto. Il povero era un errante, un vagabondo; col sacco sulle spalle, il bastone in mano, andava di borgata in borgata. Non aveva né una casa né una professione. La società ignorava il povero, infatti i documenti non lo designavano con il suo nome, supposto che se ne conoscesse uno. L’isolamento lo perseguitava anche dopo la morte, poiché il suo cadavere non trovava posto fra gli altri Cristiani; ad esempio nel cimitero degli Innocenti, a Parigi, la “fossa dei poveri” era in disparte. Da tutto ciò viene spesso trasmessa un’idea sbagliata della povertà del Medioevo. Studi recenti stanno smentendo l’immagine di un Medioevo gravato dalla miseria e da una fame diffusa e invincibile. Come sempre, la realtà è più sfumata e sembra proprio che la fame più atroce sia iniziata con l’età moderna. Anche se non va idealizzato, il lunghissimo periodo medievale è, per molti versi, simile alla nostra epoca per quanto riguarda l’intensità della felicità e dell’infelicità, della miseria e della ricchezza. Ciò che è profondamente cambiata è la mentalità nostra che ci fa apparire intollerabile o miserabile ciò che un tempo era accettato. Purtroppo non abbiamo la controprova, e non potremo mai sapere cosa avrebbe pensato un uomo medievale degli stili di vita moderni. Sappiamo invece che nel Trecento si formarono due diversi tipi di tendenze riguardo agli atteggiamenti da adottare nei confronti dei poveri. Innanzitutto c’erano le istituzioni di beneficenza che avevano il compito di fornire e di organizzare i soccorsi ai bisognosi. In primo luogo vanno nominati gli ospedali, che nel Medioevo ospitavano soprattutto i poveri. Ad assisterli poi vi erano le varie congregazioni. I fondi per la beneficenza non mancavano, giacché i mercanti nella loro contabilità tenevano presente anche la necessità di redimersi dai peccati. L’opera di beneficenza veniva svolta in larghissima misura sul piano delle istituzioni; il più delle volte le somme venivano affidate ai collettori delle elemosine, che rappresentavano conventi, ospedali e lebbrosari, e non ai poveri direttamente. Mentre nell’altra tendenza riguardante l’atteggiamento da adottare con i poveri, in opposizione con la prima, si sviluppò una legislazione di carattere repressivo nei loro confronti. In molti paesi, le prime serie misure contro i poveri furono prese intorno al 1350. Nel 1351 il re don Pedro I di Castiglia pubblicò un’ordinanza contro i mendicanti validi, che diventarono passibili di fustigazione sin dalla prima contravvenzione alla legge. In Inghilterra diversi testi legislativi promulgati da Edoardo III tra il 1349 e il 1351 si prefissero lo scopo di reprimere la mendicità, il vagabondaggio e l’elemosina data agli oziosi, e nello stesso tempo regolamentarono i salari. Ma questa legislazione, che d’altronde rimase spesso inapplicata, non cancellò affatto le antiche idee sui diritti sacri del povero quale rappresentante del Cristo sulla terra. Cominciò semplicemente a delinearsi una distinzione, che avrebbe avuto molta fortuna nei secoli seguenti, tra poveri “buoni” e poveri “cattivi”; e i poteri pubblici, almeno, ritenettero indispensabile usare la massima severità con i secondi. Ma si esitava, si andava a tentoni. Evidentemente, alla fine del Medioevo non si era ancora deciso quale dei due opposti atteggiamenti adottare.