Leggo il frammento di Empedocle:
Son già stato, infatti, fanciullo e fanciulla
e arbusto e uccello e muto pesce del mare.
Ho ben preparato la citazione. Capiscono tutti e fanno anche i collegamenti opportuni. Parlano di Induismo e di Buddismo. Io richiamo i pitagorici, Platone e l’antroposofia steineriana.
Per pura prudenza, chiedo in che cosa credono, invece, i cristiani.
Panico improvviso, consultazioni. Poi si rassicurano: i cristiani credono alla resurrezione delle anime. Qualcuno precisa: delle anime, non dei corpi.
Stranieri a casa nostra?
Più che “stranieri in casa nostra” credo sia più adeguata un’espressione tipo “cristiani passivi”. Io ho iniziato catechismo a 8 anni; ho fatto la Comunione a 10; la Cresima a 12. Ho continuato a frequentare la Messa per qualche mese; poi solo a Natale e Pasqua. Ora nemmeno quello. Pigrizia? No. Mancanza di motivazione. Mancanza di un principio, di un qualcosa che mi spinga ogni domenica a recarmi in chiesa per sentire un’ora e mezza di preghiere e prediche. Non ci trovo nulla di sensato nell’ascoltare una persona che mi legge passi della Bibbia, per poi spiegarmeli secondo una sua interpretazione, senza possibilità di ribattere; non ci trovo nulla di sensato nel ripetere a memoria preghiere che ho imparato da piccola solo perchè poi mi sentivo importante a saperle come tutti gli altri; non ci trovo nulla di sensato nel ricevere la Comunione, un gesto intriso di significati profondi, se non credo in quello che rappresenta; non ci trovo nulla di sensato nella Confessione, perchè non credo proprio che basti raccontare i propri peccati e dire qualche preghierina per ritornare “innocenti”. Eppure ciò non mi ha impedito di frequentare l’oratorio; di diventare animatrice; di partecipare a vacanze organizzate dalla mia parrocchia; di avere buoni rapporti che le suore e i preti della mia chiesa e anche di confrontarmi con loro. Non ho perso nulla, se non la fede.
So bene che per chi crede tutte le cose che ho detto sopra, prive di senso per me, hanno un significato profondo; di solito però si tratta di adulti. Molto spesso se vai da un ragazzino anche non troppo piccolo, ad esempio di seconda o terza media, non sa dirti di preciso perchè va a Messa e si confessa; molti lo fanno per arrivare alla Cresima e poi essere liberi; molti lo fanno perchè mamma e papà li costringono; penso siano davvero pochi quelli che lo fanno perchè ci credono.
E’ mia opinione che questo accada perchè i bambini vengono battezzati molto piccoli e poi a 8 anni presi e portati a fare catechismo; a 10 fanno la Comunione. Come può un bambino di 10 anni comprendere un sacramento del genere? Come può capire fino in fondo cosa significhi? Appena tornato al posto farà vedere ai suoi amici più piccoli che lui può mangiare “quel dischetto di pane” e comincerà a trafficare con la lingua o, peggio, con le dita perchè gli si sarà incollato al palato.
Molto spesso poi i genitori di questi poveri pargoli mandano i figli a messa, ma loro se ne stanno a casa a dormire: cosa dovrebbero capire allora i bambini? Che mamma e papà sono più fortunati che possono rimanere a letto, mentre loro si devono alzare? Arrivati alla Cresima è ovvio che poi si allontanino da questo ambiente e inizino il liceo dichiarandosi Cristiani senza sapere cosa significhi.
Io che mi definisco agnostica e non partecipo a una messa da circa 2 anni, mi rendo conto molto spesso di saperne di più di chi si definisce un credente o un praticante.
Sono convinta sia giusto avvicinare i bambini alla Chiesa perchè ha molti bei valori da insegnare, ma non bisogna buttarceli dentro “perchè tutti fanno così” e poi lasciarli a loro stessi. Per un bambino i genitori sono il modello da imitare; se nemmeno loro si impegnano ad essere veri credenti o comunque a capire cosa sia la religione cristiana, come possono farlo i bambini/ragazzini/adolescenti? E poi, onestamente, quanti di quelli che si dichiarano Cristiani praticanti ne ripettano i principi fino in fondo? Quanti fanno l’elemosina a un barbone per strada? Quanti aiutano chi è in difficoltà? Quanti sono pronti a condividere i beni che hanno o a rinunciarvi perchè possano aiutare persone meno fortunate?
Ci tengo a precisare che non sto dicendo che fare catechismo e studiare religione siano cose inutili; io stessa l’ho fatto e ne ho ricavato insegnamenti preziosi. Dico solo che la religione, la fede, dovrebbe essere qualcosa che nasce da dentro; non dovrebbe essere imposta. Bisognerebbe battezzare i ragazzi quando sono già grandi, in modo che siano in grado di comprendere cosa significano certi gesti, il pensiero che vi sta dietro e cosa vuol dire essere cristiani. Altrimenti si finisce a essere sostenitori di un qualcosa che non si conosce, a seguire la massa anche in una questione così intima a privata ed è abbastanza triste che la società di massa ci renda apatici, privi di senso critico e rassegnati a non poter fare nulla, impauriti di ribellarci o di fare diversamente per il timore di essere derisi; non lasciamo che condizioni anche il nostro io più profondo. La fede è un qualcosa di interiore, non deve essere dimostrato con grandi gesti o urlato ai quattro venti. Non è quello che fa di una persona un credente. La fede è forse ciò che di più interiore ci può essere e dire di essere Cristiano solo perchè lo fanno tutti credo che sia sbagliatissimo oltre che demoralizzante.
Grazie Roberta. Un commento davvero interessante.
Io non ne facevo una questione di fede, ma di cultura. Il cristianesimo è ancora la religione più diffusa del mondo. Nel nostro paese ha una tradizione antichissima.
Possono studenti di terza liceo ignorarne aspetti fondamentali? Come capiranno la nostra letteratura, la nostra architettura, la nostra arte, la nostra musica?