Il termine “movimento operaio” sta a indicare l’insieme delle organizzazioni (sindacali, politiche, cooperative, assistenziali e culturali) che accolgono, rappresentano e promuovono gli interessi dei lavoratori salariati. Esso accompagnò la nascita dell’organizzazione sociale del lavoro avviata con la Rivoluzione Industriale in Inghilterra tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento e quindi diffusa in Europa occidentale e negli Stati Uniti.
Il movimento operaio ebbe sempre forti caratteristiche nazionali.
Le prime organizzazioni avevano prevalente carattere di tutela sindacale e di mutuo soccorso, ma dovettero in primo luogo battersi per lo stesso diritto di associazione.
Le rivoluzioni del 1848 (nelle quali si schierò in prima fila il proletariato urbano, ancora in gran parte disorganizzato) portarono alla nascita del socialismo scientifico, che per primo volle dare coscienza di sé, capacità organizzativa e fini universali agli operai “in quanto classe” (distinti cioè dal resto della società e contrapposti alla classe capitalistica detentrice del potere economico e politico).
Da quando questo programma diede vita alla Prima Internazionale (1864), col termine “movimento operaio” si intesero prevalentemente le organizzazioni di ispirazione anarchica e socialista. Si creò in tal modo una grave confusione tra definizione di “movimento operaio” fondata sul radicamento sociale (il lavoro salariato in quanto tale) e definizione fondata sull’ispirazione ideologico-politica. Questa confusione fu in seguito fonte di atteggiamenti settari e di gravi contrapposizioni all’interno del movimento internazionale e di ciascun paese, divisosi in tronconi distinti a seconda delle basi culturali e delle finalità politiche perseguite.
Già la Prima Internazionale, dopo la sanguinosa prova della Comune di Parigi (1871), finì per sciogliersi proprio a causa delle divergenze tra anarchici e socialisti.
In ciascun paese in realtà sorgevano organizzazioni sindacali e assistenziali anche al di fuori di questo filone, soprattutto per iniziativa del cosiddetto socialismo cristiano e delle Chiese: nacquero così, per esempio, la YMCA (Young Men’s Christian Association) in Gran Bretagna e gli Istituti di Bethel negli anni settanta in Germania.
In quel periodo anche in Italia, oltre alle Società di mutuo soccorso laiche, sorsero, grazie all’opera dei congressi, quelle di matrice cattolica. Ma ciò che soprattutto distingueva i due filoni principali del movimento operaio era che quello cristiano perseguiva scopi esclusivamente assistenziali e caritativi, senza mettere in discussione l’ordinamento della società, mentre nel filone socialista prevalevano i fini sindacali e politici di partecipazione collettiva sia alla lotta per l’emancipazione del lavoro sia, soprattutto, per la partecipazione al potere politico.
Questa connotazione “di classe” si espresse nella creazione dei partiti socialisti prima e dopo la nascita della Seconda Internazionale. Essa fu nettamente controllata dal Partito Socialdemocratico tedesco, modello di organizzazione di massa capace di incidere profondamente sulle condizioni di vita civile dei lavoratori, mentre sui rapporti di forza con gli imprenditori esercitavano il loro determinante peso i liberi sindacati socialisti.
Mentre il Partito operaio socialdemocratico russo era costretto a nascere in clandestinità e a esercitare solo una ristretta influenza, in Francia il Partito operaio e il Partito Socialista Rivoluzionario si fusero e la Confederazione Generale del Lavoro raccolse in un’unica organizzazione le varie associazioni.
Analogo processo diede vita in Italia al Partito Socialista Italiano e alla Cgl, mentre su ampie fascie di lavoratori una forte incidenza veniva esercitata dalla dottrina sociale della Chiesa, alla quale si ispirarono i sindacati cosiddetti “bianchi” sia in Francia che in Italia, nonché la Internazionale Cristiana del 1908.
Molto diverso in Gran Bretagna fu lo sviluppo del Trade Union Congress, che raggruppò diverse leghe sindacali (le quali però mantennero gran parte della propria autonomia) del partito laburista, che a sua volta era federazione sia di sindacati, sia di gruppi politici a carattere locale.
Ancora più difficile e contrastato fu il processo di organizzazione negli Stati Uniti: alle differenze ideologiche e professionali si sovrapponevano, spesso ancor più gravi e volutamente approfondite dalla propaganda padronale, le differenze etniche e culturali. Vari furono i tentativi di unificazione che lasciarono il passo all’American Federation of Labor (nato nel 1886), organizzazione sindacale tesa alla difesa delle aristocrazie operaie anglosassoni. Un’organizzazione politica di stampo “operaio” con pretese “di classe” non riuscì però mai a decollare.
Ogni partito dunque aveva alle spalle una storia differente ma ciò che unificò ampiamente il movimento operaio da uno stato all’altro fu la Prima Guerra Mondiale: l’opposizione a un conflitto di così vaste proporzioni crebbe in tutti i paesi coinvolti e assunse spesso carattere di sollevazione popolare.
Negli anni immediatamente precedenti la guerra, la Seconda Internazionale Socialista prese posizione contro un evento considerato estraneo agli interessi del proletariato e voluto dai capitalisti per portare avanti i loro progetti imperialisti. A livello locale prevalsero le ragioni degli interessi nazionali rispetto a quelle dell’internazionalismo operaio, perciò nel 1915 i socialisti pacifisti organizzarono una conferenza internazionale in Svizzera dove si ribadì con forza la condanna alla guerra e si propspettò l’idea di trasformare la guerra in rivoluzione proletaria. Questa tesi fu supportata soprattutto dal socialista russo Lenin, nel cui paese si arrivò persino all’abbandono di massa del fronte, seguito nel 1917 dalla Rivoluzione d’Ottobre.