I giochi olimpici furono banditi durante il regno di Teodosio, poichè i cristiani ritenevano che queste attività mettessero in evidenza il corpo e non lo spirito e che quindi fossero in linea con le idee pagane. L’iniziativa per la rinascita di questa tradizione sportiva fu portata avanti dall’aristocratico francese Pierre De Coubertin, che cercava una spiegazione per la sconfitta francese nella guerra contro la Prussia. L’intenzione di De Coubertin era quella di preparare al meglio, dal punto di vista fisico, i giovani francesi; questo però non fu l’unico obiettivo da lui perseguito: la sua intenzione era anche quella di avvicinare le nazioni e permettere ai giovani di confrontarsi tra di loro. Per questo motivo presentò le sue idee in un congresso internazionale alla Sorbona, proponendo come città ospitante dei primi giochi moderni del 1896 Parigi. Il congresso accolse con entusiasmo le sue idee, ma optò per Atene come città ospitante, in quanto città simbolo per i giochi olimpici, nati proprio nell’antica Grecia.
Da allora lo sport, e di conseguenza le olimpiadi, andarono incontro ad un continuo progresso: basti pensare che nel 1896, il record mondiale nei cento metri piani lo stabilì l’americano Burke, con il fantastico tempo di 12 secondi, ben lontano dal record olimpico attuale di 9’ 63 realizzato da Usain Bolt nel 2012. L’evoluzione della società ha portato a trasformare i giochi olimpici in uno spettacolo di livello mondiale, dove la competizione fra gli atleti è andata sempre più in crescendo, tanto che la vittoria è diventata ormai un un’ossessione. Oggi i mass media, infatti, non fanno altro che aumentare la pressione e le aspettative sugli atleti partecipanti, i quali non riuscendo a sopportare un peso così gravoso di responsabilità cercano di migliorare le loro prestazioni con sostanze non autorizzate (vedi il caso Schwazer scoppiato proprio questa estate). Tutto ciò si distacca dal fine che De Coubertin aveva provato a dare quando lottò per la rinascita dei giochi olimpici: è necessario quindi riportare lo sport nel suo complesso ad antichi valori ed ideali, quali lo spirito di squadra, il fair play e l’amore per la sana competizione, che da tempo non sono più presenti in molti dei nostri atleti.