Celebre la massima di Protagora: “l’uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono per ciò che sono e di quelle che non sono per ciò che non sono”. Ogni uomo ha la sua concezione della verità, conforme alla società in cui vive e alle sue condizioni intellettuali e fisiche. Dunque, tutto è relativo.
Protagora ha fatto sorgere in me molti dubbi. Così ho cercato di riflettere. Se tutto è relativo, infatti, non esiste il vero, ma se non esiste il vero, su cosa fondiamo le nostre scelte?
Protagora sostiene che esse possono esser basate sul criterio dell’utile per cui scelgo ciò che mi fa stare meglio, ma, anche in questo caso sorgono spontanee altre molteplici domande: come faccio a sapere che cos’è meglio? E soprattutto, siamo sicuri che ciò che è meglio per me lo sia anche per gli altri? E in che misura conta ciò che è meglio per me e in quale ciò che è meglio per gli altri? Posso sempre fare ciò che è più comodo a me e trascurare ciò che è comodo agli altri? E infine, anche volendo scegliere ciò che è meglio per la maggioranza, cosa mi dice che non sia la maggioranza a sbagliare, o meglio, cosa mi dice che la maggioranza non sia stata in realtà influenzata e portata a fare una determinata scelta perché manipolata? Quindi scegliere “cosa è meglio” è più difficile del previsto. L’uomo infatti, di fronte a una scelta, deve cercare di capire quale delle due opzioni gli permetterebbe di vivere in maniera migliore, ma ciò potrebbe andare contro il “vivere bene” degli altri. Si potrebbe pensare che in fondo questo non sia molto importante e che, se ognuno punta al proprio bene il problema è risolto. Ma dato che noi essere umani viviamo continuamente in relazione con gli altri e ci differenziamo come tali proprio grazie al fatto che comunichiamo tra di noi, allora forse riuscire a vivere bene non è molto diverso da far vivere bene gli altri. Il criterio dell’utile quindi spesso non è sufficiente al fine di fare una scelta e qualche volta può essere necessario ricercare qualcosa di più attendibile e condivisibile da tutti, insomma, in alcuni casi è indispensabile, almeno a mio parere, andare a cercare qualcosa che vada oltre l’opinione e si avvicini a una verità che Protagora sostiene non esista. Per capirci: come può essere affare individuale, qualcosa che incide sulla relazione con gli altri?
E ancora, Protagora sostiene che tutto è vero. Ma nel momento in cui tutto è vero, il vero perde il suo significato, in quanto esso esiste solo in contrapposizione al falso ed è quindi più corretto dire che per Protagora non esiste né un vero né un falso, ma solo punti di vista. Io non credo che ciò sia vero.
Prima di tutto, infatti, se diciamo che “tutto è relativo” automaticamente stiamo assumendo la relatività come verità, pertanto bisogna partire dal presupposto che anche la relatività sia un concetto relativo e possa essere messa quindi in discussione.
La vita è sicuramente piena di incertezze, l’uomo, non è in grado di conoscere e sapere tutto. Ci sono cose infatti che vanno oltre la sua capacità di ragionamento e non possono essere comprese, come la sua stessa funzione di uomo, il suo destino e la sua origine. Ma affermare che esistono concetti alla cui verità nessun uomo può aspirare, per cui esistono solo opinioni “relative” non solo è diverso dal “negare” una verità, ma è diverso anche dal sostenere che non esista “nessuna” verità oggettiva. Penso inoltre che se una verità è irraggiungibile dall’uomo, allora forse non è poi così importante discutere sulla sua relatività. Per esprimere meglio il concetto, a mio parere è ovvio che, dal momento che la conoscenza dell’uomo è limitata, esistano situazioni in cui ci sono solo opinioni e su cui ogni uomo ha il suo modo di vedere e interpretare ciò che vede, ma, nel momento in cui questo è assodato è inutile continuare a discutere in merito a ciò e conviene cercare di andare oltre queste “verità irraggiungibili”.
È bene quindi distinguere due concetti di verità: il primo è quello di una verità incomprensibile all’essere umano, a cui egli non può avvicinarsi, mentre il secondo è quello di una verità fondata sulle certezze dell’uomo, per la quale credo sia possibile contraddire il concetto di relatività. Esistono infatti delle certezze come le scienze che non possono essere messe in discussione e alcune norme morali e comportamentali che si sono tramandate per secoli e che possono essere ormai considerate “vere” in ogni contesto. Anche se è vero quindi che in alcuni casi la relatività è indispensabile, non è possibile scegliere sempre sulla base di cosa è meglio in quanto anche cosa è meglio è relativo. Ci sono situazioni che, nonostante siano considerate normali e radicate in una determinata cultura sono “oggettivamente” immorali e quindi sbagliate. L’uomo non deve quindi andare alla continua ricerca delle verità che non può raggiungere ma, nel momento in cui deve prendere una decisione è importante che si chieda non solo cosa sia “meglio” ma anche cosa sia “giusto”.