Quando si parla di colonialismo, le prime potenze europee che vengono in mente sono il Regno Unito e la Francia. Tuttavia anche l’Italia ebbe la sua immagine di potenza coloniale, anche se con tratti molto negativi. Nei paragrafi successivi voglio mettere in chiaro l’episodio più famoso del colonialismo italiano: la conquista della Libia, con le sue drammatiche conseguenze.
Il 3 ottobre 1911 l’Italia nel pieno dell’età giolittiana aveva avviato le operazioni militari per la conquista della Libia; appena il giorno dopo gli assaltatori potevano dichiararsi vincitori, in quanto l’occupazione di Tripoli avvenne senza problemi. La popolazione locale non si sollevò, e questo diede l’illusione agli italiani di poter assumere un atteggiamento paternalistico nei confronti dei conquistati. Tuttavia essi non tennero conto della propria ignoranza riguardo la mentalità delle popolazioni libiche e le loro tradizioni culturali.
Il 23 ottobre scoppiò una rivolta popolare all’interno della zona occupata dall’esercito italiano, infatti alcuni gruppi di resistenza araba attaccarono diverse postazioni italiane, causando non pochi disagi e preoccupazioni. La rivolta era inaspettata, l’esercito si trovò impreparato ad affrontarla e subì diverse perdite. L’unica soluzione che gli ufficiali dell’esercito poterono adoperare fu uno “sterminio” feroce e indiscriminato. La situazione così degenerò in veri e propri eccidi. Molti libici furono deportati in carceri italiane speciali. Alla fine della guerra il bilancio contava più di 3000 deportati tra il 1911 e il 1912, la maggior parte dei quali fu poi rimpatriata, tuttavia 633 libici morirono in prigione.
Il governo italiano decise di cambiare strategia: innanzitutto proclamò la sovranità sulle province libiche della Tripolitania e la Cirenaica, lasciando in sospeso la situazione con le resistenze arabe a Tripoli. Successivamente, decise di spostare il fronte delle sue conquiste direttamente sulle colonie Turche: l’isola di Rodi e il Dodecaneso. L’impero ottomano, ovviamente preoccupato per un possibile attacco italiano sul proprio territorio, avviò le trattative di pace e dichiarò l’indipendenza delle colonie dall’impero.
Il ritiro delle truppe turche indebolì i Libici, che tuttavia continuarono senza sosta le azioni di resistenza contro gli invasori. D’altra parte, le repressioni da parte degli italiani non smisero nemmeno durante il periodo del fascismo, durante il quale l’Italia dimostrò di essere all’avanguardia per quanto riguarda i mezzi aerei a scopo bellico, impiegati per le prime volte proprio per bombardare i campi ribelli libici. Non furono solo queste le novità militari dell’Italia: l’esercito fece anche uso di gas tossici contro la popolazione con l’intento di spingerla a non appoggiare i ribelli. Questo nonostante le grandi potenze si fossero formalmente impegnate a non fare uso di gas tossici.
La resistenza libica fu ininterrotta fino al 1930, fino a quando Pietro Badoglio, governatore della Libia, decise di risolvere personalmente il problema: la soluzione definitiva fu deportare ben 100.000 arabi in campi di concentramento, di cui ne tornarono a casa meno di 60.000.
Il bilancio del colonialismo italiano fu disastroso: massacri di civili, bombardamenti e gas tossici animarono le repressioni contro la resistenza libica. Può allora il colonialismo italiano essere considerato “buono”? In età giolittiana di sicuro gli italiani non erano certo da considerarsi brava gente, almeno per quanto riguarda i rapporti bellici internazionali .