Durante il periodo che dal medioevo durò fino al XVIII secolo, le carceri e gli ospedali versavano in condizioni a dir poco pietose. Per prima cosa è necessario specificare che all’epoca il carcere non era considerato una pena duratura come ai giorni nostri, ma era piuttosto un luogo di passaggio in attesa della vera e propria pena. Inoltre il carcere era uno strumento di punizione per coloro che non riuscivano a pagare i propri debiti, per i vagabondi, per gli oziosi e per coloro che venivano fatti scomparire per volere del sovrano: questo era il motivo principale per cui, nella maggior parte dei casi, le prigioni non dipendevano da un’organizzazione statale o da funzionari pubblici, ma la loro sorte era affidata ad appaltatori privati. Essi traevano il proprio guadagno dagli stessi detenuti o, nel caso dei debitori, dai loro parenti. Un ulteriore guadagno proveniva dal creditore, il quale aveva l’obbligo di versare una retta per mantenere il detenuto. Possiamo facilmente dedurre come il mestiere del gestore di carceri fosse alquanto redditizio.
Prendendo come esempio Parigi nel periodo settecentesco, si possono distinguere tre tipologie di carcerati, a seconda della loro pericolosità e dei soldi che potevano elargire.
La prima categoria, che comprendeva i soggetti più pericolosi, era rinchiusa in celle sotterranee prive di luce e di aerazione diretta, in ciascuna delle quali erano accatastati moltissimi detenuti in spazi ristrettissimi; di solito inoltre questi detenuti venivano incatenati alle pareti.
Il secondo gruppo, formato da detenuti poco più fortunati, era custodito in grandi locali comuni simili a camerate, in cui “soggiornavano” circa duecento carcerati sopra giacigli di paglia.
Infine c’erano i “privilegiati” ovvero gli unici che avevano la possibilità di pagare una retta: essi infatti erano reclusi in vere e proprie stanze con aria e luce dirette; di solito queste celle erano abitate da un solo detenuto e meno spesso era affiancato ad altri prigionieri. Il loro vitto dipendeva dalla retta che dovevano pagare, ovvero più era sostanzioso il pagamento più lo era anche il pasto. La loro razione in ogni caso era maggior di quello dei prigionieri non paganti, che a mala pena superava una libbra di pane.
In linea di principio le cure relative alla pulizia, all’abbigliamento e all’igiene dei detenuti erano ridotte al minimo: infatti nella norma la biancheria veniva lavata e cambiata al massimo due volte all’anno. Ovviamente le condizioni igieniche facevano in modo che le malattie dilagassero: una delle malattie più diffuse era lo scorbuto che, insieme alla mancanza di riscaldamento d’inverno e all’eccessivo calore d’estate, mieteva centinaia di vittime.
Per quanto riguarda le cure mediche nel Seicento la gente benestante si curava in casa. Gli ospedali esistevano esclusivamente per i malati poveri che naturalmente non avevano la possibilità di farsi curare adeguatamente. Le loro condizi0ni erano in pessimo stato: infatti la maggior parte dei malati giaceva in letti comuni che ospitavano solitamente tre o quattro pazienti. Ciò faceva sì che,quando capitava un’epidemia di tifo o di peste, per via delle pulci, dei pidocchi o dei topi, tale malattia si diffondesse in modo esponenziale, sia all’interno che all’esterno dell’ospedale. Purtroppo il motivo della diffusione di malattie e pestilenze venne compreso solamente un secolo dopo, in cui decisero di introdurre i letti singoli, al fine di isolare i pazienti malati.
Da ciò possiamo facilmente constatare che l’unico modo per trascorrere una vita dignitosa in quel periodo era quello di essere in facoltose condizioni economiche.