Siamo nell’Ottocento, nel regno della regina Vittoria. Le parole d’ordine sono: austerità e rigore. È un periodo di regole ferree e precise; uomini e donne hanno ruoli ben definiti e distinti. Secondo voi, chi se la passa meglio? Ovviamente gli uomini!
Vige la concezione della “donna angelo”: un’autorità nelle faccende domestiche, dal corpo puro e pulito. Per questo motivo non deve assolutamente truccarsi e scoprire la pelle; inoltre non deve nemmeno affaticarsi, quindi il suo unico compito è quello di occuparsi della casa e dei figli. Non può lavorare. È considerata proprietà del marito, a cui è sottomessa anche sessualmente.
Già nel corso di questo secolo si cominciano a vedere i primi tentativi di migliorare la condizione femminile; ad esempio, nel 1869 John Stuart Mill scrive il primo vero saggio femminista, La soggezione delle donne, in cui sostiene che la parità dei sessi migliorerà anche gli uomini, abolendo l’ultima forma legale di schiavitù.
Uno dei sostenitori delle idee di Mill è il celebre avvocato Richard Pankhurst. Sua moglie Emmeline fonda nel 1903, assieme alle mogli di alcuni politici laburisti, la WSPU, la Women Social and Political Union.
Le appartenenti a questa associazione compiono gesti plateali e anche violenti; ogni volta vengono arrestate. Ma questo fa parte di una precisa strategia: farsi arrestare viste dai giornalisti e una volta in carcere, fare lo sciopero della fame. All’inizio i direttori dei penitenziari ricorrono all’alimentazione forzata; successivamente si pone fine a questa pratica e si ricoverano le scioperanti, allungando così il periodo di carcerazione.
Le donne sono pronte a tutto pur di essere ascoltate: esempio eclatante è quello di Emily Wilding Davison che, il 5 giugno 1913, all’ippodromo di Epsom tenta di fermare un cavallo in corsa per attirare l’attenzione su di sé. Purtroppo l’animale la travolge e lei, gravemente ferita, muore tre giorni dopo. Il sacrificio della Davison riaccende il dibattito sulla concessione del diritto di voto alle donne.
Dopo questo gesto disperato, il grido delle suffragette si affievolisce. Le suffragette sono infatti stremate dopo anni trascorsi nelle carceri, vessate da continue torture, sia fisiche che psicologiche, che non hanno portato a nulla. Nonostante gli atti violenti ed eclatanti, le loro richieste continuano a scontrarsi con un “muro di gomma”; infatti vengono ogni volta respinte dal Parlamento.
Ufficialmente questa dura opposizione è dovuta al fatto che non solo il voto alle donne è considerato un insulto per la costituzione inglese, ma anche immorale e scandaloso dalla società vittoriana.
I motivi più veri e profondi sono tuttavia altri, descritti dalla giornalista Natalia Aspesi: l’uomo vittoriano ha paura che, concedendo il voto alle donne, queste escano dallo stato di sottomissione in cui si trovano. Così l’egemonia maschile finirebbe: l’uomo non sarebbe più il padrone di una donna ubbidiente, dedita alla cura della casa e dei figli; sarebbe il marito di una persona con i suoi stessi diritti e le sue stesse libertà, perderebbe quella sicurezza che gli arriva dalla sua posizione predominante.
Tuttavia questa situazione è presto destinata a cambiare. Nel settembre 1914, durante la Prima guerra mondiale,
Emmeline Pankhurst incita le suffragette a dare mostra di patriottisimo; esse cominciano quindi a scrivere sui giornali appelli per invitare gli inglesi a servire la loro patria, come è giusto che sia. Questi gesti colpiscono molto il mondo politico inglese e la gratitudine è tangibile: nel gennaio del 1918 il diritto di voto viene esteso a tutte le donne al di sopra dei trent’anni.
Nel 1928 la soglia dell’età viene abbassata a 21 anni; nello stesso anno muore Emmeline Pankhurst.
La battaglia politica delle suffragette è finalmente vinta; quella delle femministe per il riconoscimento della totale parità tra uomo e donna invece continua e, purtroppo, non si è ancora conclusa.
Fede & Roby