La risposta al perché si soffre quando un amore ci lascia, quando muore qualcuno a noi caro, quando un amico se ne va è una domanda patologicamente filosofica per me -nel giusto senso del termine.
Raymond Kurzweil, dall’ipotesi che siamo tutta informazione, suppone che periamo lentamente perché una parte nostra di codice ci lascia. E’ una parte della nostra mente che ci lascia per sempre.
Eravamo da Starbucks a bere caffé caldo, eravamo al lido Al Faro scalzi, eravamo sulle rive toscane di notte, completamente nudi, e mi sentivo scivolare attimi che erano miei e ad un attimo dalla cognizione sparivano. Londra da vagabondo non sarà mai la stessa, come lo è stata ai miei diciannove anni. E niente sarà nuovamente simile.
Mamma dice che la vita è una grande onda e bisogna aprirle il petto davanti, non temerla, perché non si cura di me. E questo mi riesce un po’ difficile perché sono un dietrologico, un riflessivo di aria, e quando si aprono le braccia si chiudono un po’ gli occhi -e si apre la mente, il che costa fatica. Va bene, prepariamoci a lasciare un’altra parte di codice. La libreria del sistema comincia a sozzarsi; non mi sento molto più sotto X11, oggi -ieri, l’altro ieri e i giorni prima ancora, finché la memoria vera dura (poi si idealizza).
Addio Arianna, ci rivedremo. Ma diversi.