Vi riporto quanto ho letto nella bacheca di una corsia dell’ospedale di Melzo e che mi ha particolarmente colpita. Ognuno degli scritti che viene riportato nelle varie bacheche disseminate per tutto l’ospedale riporta la dicitura iniziale “I sassolini bianchi di Pollicino”.
Paternità nel lavoro
Nel mondo del lavoro di oggi, la responsabilità di chi ha un ruolo di guida aziendale o sociale nei confronti di coloro che collaborano con lui deve essere animata da un interesse educativo.
Chi guida altre persone nel lavoro deve esercitare una paternità che miri a che esse scoprano chi sono e possano vivere con libertà quello che sono.
Non è necessario fare lo psicologo, né l’insegnante; occorre solo fare il proprio lavoro e trasmettere le ragioni per le quali lo si fa in un modo piuttosto che in un altro, con un criterio che viene proposto agli altri, ma non imposto.
A questa paternità si contrappone un atteggiamento opposto: il paternalismo.
Semplificando molto, il paternalista cerca di essere buono, ma vuole affermare se stesso attraverso la propria bontà, invece di affermare l’altro.
L’atteggiamento parternalistico nel lavoro fa in modo che le persone diventino possesso di chi lo esercita. Questo è possibile perché, in fondo, fa comodo.
C’è una connivenza tra il paternalismo e la vita comoda.
L’altro, di norma, è scomodo.
Se trovi qualcuno che ti sprona, che ti sfida, che non ti tratta da esecutore, che ti fa riflettere…
Tutto questo non è così comodo.
La scelta della paternità nel lavoro è molto meno comoda anche per chi la esercita, perché questi deve mettersi in gioco, conoscere le persone, ammettere i propri errori, dialogare.
La scelta della paternità è molto più difficile, ma molto più affascinante, perché ha come conseguenza di far crescere persone piene, interessanti, di creare una realtà dove si vive una certa vivacità, anche attraverso eventuali tensioni e conflitti.
Bernard Scholz (esperto in organizzazione aziendale)
Padre-capo…non si traduce con patriarca?
… e se anche fosse. A me viene alla mente la figura di patriarca buono e cortese che prima di giudicare cerca di capire, autorevole ma non autoritario, con quel carisma che magari madre natura gli ha donato e che esercita con la sapienza del buon padre di famiglia. Insomma, una di quelle persone che abbinano sempre il cuore all’intelletto e che grazie alla loro innata saggezza e al loro straordinario equilibrio sono da considerarsi uomini da sinedrio.
“Perla di saggezza”
Colpisce ancora molto i suoi ex studenti con il suo sguardo critico e la sua professionalità paterna. Forse è la sua passione, e il concetto che esprime in questo articolo (che Lei applicava già nel suo lavoro) che ci ha fatto amare la matematica come non prima.
Speriamo di rivederla presto girare per i corridoi all’intervallo!
P.s. Se tutti i professori applicassero questo metodo non ci sarebbero studenti scontenti di venire a scuola, perchè la curiosità di imparare è insita in ognuno di noi.
Oltretutto c’è chi la trasforma in una continua concorrenza al voto; espressione soprattutto di chi ha tanta memoria e di chi è abile in furbizia.
Grazie ! Conto di tornare presto. Il “mondo del Calvino” mi manca tantissimo … ma soprattutto mi mancano i fantastici ragazzi con cui ho la fortuna di lavorare.