Un’altra intervista a Socrate.

Prof. ha visto? Mi sono ricordata di pubblicare l’intervista, alla fine ho deciso di non modificarla, sebbene sia breve (effettivamente l’avevo scritta in 40 minuti o poco meno), modificandola avrebbe perso buona parte del significato che avevo deciso di darle inizialmente, almeno credo.

Milano, fredda in questa stagione, sicuramente più dell’Atene tanto cara a Socrate che, probabilmente a causa del disorientamento, è in ritardo.
Non pensavo avrebbe accettato un’intervista per Vanity Fair, anche se, pensandoci bene, è un uomo che ama parlare, quindi la mia sorpresa non è giustificata. Bene, eccolo.

I: “Buongiorno”

S: “Buongiorno, mi scusi il ritardo”

I: “Non c’è problema, immagino si sia perso”

S: “No, assolutamente, mentre ero in metropolitana mi sono attardato a parlare con un uomo seduto in terra, mi incuriosiva sapere come mai non fosse seduto sui seggiolini come tutti gli altri”

I: “…capisco… Comunque sia, è pronto a cominciare?”

S: “Sì, anche se devo ammettere che è una situazione strana per me, solitamente sono io che chiedo agli altri”

I: “La prenda come una pausa dal suo lavoro di “ostetrico”; cominciando, mi premeva chiederle se il suo aspetto non propriamente nei canoni ellenistici le abbia mai causato disagi..”

S: “Detto sinceramente, no, non penso. Alla fine, ogni volta che parlo con qualcuno, inizialmente può accadere che mi fissi senza troppi scrupoli, ma puntualmente, alla fine del dialogo,
il mio interlocutore mi fissa con aria attonita e meravigliata, neanche fossi la più bella scultura di Dedalo”

I: “Indubbiamente lei esercita un certo fascino; ma ora, sia sincero, lei ha la tendenza a dichiararsi ignorante e a chiedere cose apparentemente ovvie alle persone, per poi dimostrare che in realtà non sapevano così bene come credevano di sapere; mi dica, lei lo fa apposta, vero?”

S: “Intanto, non sono io a dimostrare le loro lacune, bensì loro stessi, alla fine si rendono conto (da soli) di non essere poi così sapienti come credevano; io faccio semplicemente domande
per ottenere una definizione o, in altri casi, un punto d’incontro. Non sono un sofista, non mi piace demolire le idee di qualcun altro solo per il gusto di farlo, o per dimostrarmi più colto,
non è costruttivo nè utile”

I: “Ma resta il fatto che lei dice di non sapere, mentre invece ha dato più volte buona prova di sè”

S: “Non travisi le mie parole, la mia è sempre e solo stata curiosità, appena ho un dubbio su qualsiasi cosa, chiedo. Se vedo il mio interlocutore in difficoltà, gli faccio un’altra domanda,
in modo tale da facilitare il suo discorso e la mia comprensione delle sue idee”

I: “E allora come può permettersi di fare dell’ironia su ciò che le viene detto, se è ignorante sull’argomento sul quale sta facendo domande?”

S: “Ci sono cose sulle quali potrebbe ironizzare pure un fanciullo; un esempio sono le contraddizioni. Come si può pensare di insegnare qualcosa quando non si hanno le idee chiare?
Se affermi un concetto, non puoi negarlo subito dopo, a maggior ragione se stai rispondendo ad una domanda: confondi solo le idee dell’altro”

I: “A me sembra che sia lei a confondere gli altri, guardi il povero Eutifrone, ad esempio..”

S: “Lei si sta ripetendo, questa domanda è simile alla prima. In tal caso mi ripeterò anch’io, affinchè si giunga ad una conclusione: non sono io a confondere gli altri, bensì sono loro
ad essere confusi senza saperlo e, parlando con me, spesso se ne accorgono; poi sta all’orgoglio di ognuno accettare o no questa cosa”

I: “Penso di aver capito…”

S: “Abbiamo finito, quindi?”

I: “Direi di si…”

S: “Bene, ci rivedremo spero, vorrei farle io qualche domanda”

I: “Ci conto. Arrivedreci”

S: “Arrivederci”

Probabilmente ora ho l’espressione di una persona che ha visto qualcosa di bellissimo… che uomo.

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