Qualche giorno fa Giuso ha pubblicato una poesia su questo blog. «Volevo condividere con qualcun altro il piacere di leggere questa poesia» scrive nei commenti.
Chi è Giuso?
Giuso è una persona che desidera condividere un pezzo di cultura (una poesia) con altre persone.
Cosa ci guadagna dal suo gesto?
Sul piano economico e finanziario a Giuso non viene in tasca nulla. Tuttavia ha la consapevolezza di aver fatto conoscere quella poesia a persone che magari non l’avrebbero mai letta nè sentita.
Che male può venirne?
A chi può nuocere una poesia? Chi la legge rischia di avere un arricchimento culturale o qualche minuto di noia, in ogni caso non sarebbe un gran danno. L’autore in questo caso è morto da più di quarant’anni e, per quanto ne possiamo sapere noi, la ripubblicazione di una sua opera non dovrebbe turbare il suo riposo. L’unica che potrebbe lamentare un danno è la casa editrice che pubblica il libro citato da Giuso per un presunto mancato guadagno.
Ritornando alla prima domanda, chi è Giuso?
Giuso è un pirata.
L’autore della poesia da lui pubblicata è infatti deceduto da meno di 70 anni, quindi, secondo l’art. 25 della legge 633 del 22 aprile 1941, l’opera è protetta dal diritto d’autore. In particolare l’autore ha diritto esclusivo (tra gli altri) di pubblicare, riprodurre e distribuire l’opera.
Ma allora Giuso è un criminale?
Qualcuno ricorderà lo spot che qualche tempo fa veniva riprodotto nei cinema prima dell’inizio dei film. «La prirateria è un reato». Questo dovrebbe fare di Giuso un criminale. Eppure penso che la maggior parte dei lettori non lo biasimi per il suo gesto. Alcuni addirittura penseranno anche che sia stato lodevole da parte sua voler condividere con altri una poesia.
É questo che rende Giuso un pirata: la sua voglia di condividere qualcosa, il piacere di leggere una poesia. Questo lo rende un criminale?
Oggi, in un mondo sempre più invaso da Internet, è sempre più semplice condividere conoscenze e opere appartenenti a culture differenti, che possono dar vita a discussioni e nuovi modi di pensare e vivere il mondo. In questo quadro molti vedono le attuali leggi sul diritto d’autore come un freno alla cultura.
Esistono diversi movimenti che propongono di superare le limitazioni imposte dal copyright, come i vari partiti pirata sparsi per il mondo (Italia inclusa), il progetto Creative Commons o la Free Software Foundation.
Questo blog ha offerto un esempio di come un gesto altruistico e probabilmente innocuo possa essere in contrasto con la legge vigente. Penso che lo stesso possa offrire una discussione in merito, sebbene non sia semplice: bisogna tener conto che gli artisti devono mangiare, dei nuovi modelli di distribuzione offerti dalla rete e di altri elementi.
Vediamo se riusciamo a tirarne fuori qualcosa di buono ;).
Grazie, RikyM, per la chiarezza con cui definisci il problema.
caro rikym, il tuo post è veramente interessante. soprattutto hai centrato in pieno il problema: la legge in questo momento non è al passo con la tecnologia nè con la comunicazione.
come dici giustamente, se dovessimo essere fiscali, il gesto di giuso è stato illegale. eppure, chi se la sentirebbe di definirlo un fuorilegge? a parte che ho alcuni dubbi, sul fatto che sia veramente contro la legge: da quello che mi ricordo, esiste una percentuale per ogni opera che può essere riprodotta senza incappare in sanzioni. credo si aggiri sul 16%, però potrei anche sbagliarmi. se quello che dico è vero, giuso non è un pirata: se ha preso quella poesia da un libro, credo che essa rappresenti anche meno del 16% di quello che c’è scritto dentro a quel libro.
inoltre, se avesse recitato quella poesia in classe all’intervallo, sarebbe stato comunque un pirata? che cosa cambia?
l’italia è un paese vecchio composto da vecchi che parlano e legiferano senza sapere un cazzo di quello di cui parlano e legiferano. non hanno capito che oggi un forum su internet ha lo stesso valore comunicativo di una discussione al bar tra amici o di una riunione tra colleghi di lavoro.
non possiamo neanche chiedere loro di fare leggi nuove che siano al passo coi tempi, perchè combinerebbero disastri assurdi! cioè, ve lo immaginate un gasparri, un cicchitto, un bersani o un casini che scrivono una proposta di legge riguardo alla regolamentazione del mondo di internet?!? tremo al solo pensiero!!!!!
lasciando perdere la questione sulla legge, volevo ragionare un po’ sul concetto di diritto d’autore. io mi definisco un artista (quanto possa valere come tale sarà il pubblico a deciderlo) e l’argomento mi sta particolarmente a cuore.
per me il diritto d’autore dovrebbe esistere solamente per un motivo: difendermi se qualcuno spaccia qualcosa ideato da me per qualcosa ideato da lui.
tu dici giustamente: “bisogna tener conto che gli artisti devono mangiare”. però ti faccio osservare alcune cose:
1)nessuno obbliga la gente a fare del suo essere artista un lavoro. si può dare spazio alla propria arte anche avendo un lavoro che ti permette di mangiare e finanziare il tuo percorso artistico.
2)penso che tu sia a conoscenza del fatto che quando compri un libro o un cd, la casa editrice o discografica si intasca intorno all’80% dei tuoi soldi. quindi la pirateria non nuoce agli artisti, ma alle case editrici, che per troppo tempo hanno fatto i loro sporchi comodi facendoci pagare i loro prodotti il quadruplo di quello che gli costano. quindi, da un certo punto di vista, la pirateria mi piace assai.
3)i veri introiti di un artista che gli permettono di mangiare sono gli ingaggi, come nel caso del musicista i concerti. se sei un musicista apprezzato, ti vorranno organizzare un concerto ovunque, e li ti guadagni la pagnotta. se scrivi un libro che vende un sacco di copie, troverai di sicuro un giornale quotidiano, un settimanale o un mensile che vorrà ingaggiarti per scrivere articoli per accrescere il prestigio della rivista. in entrambi i casi, la frequenza con cui verrai ricercato sarà direttamente proporzionale al tuo successo: se non ti propone una data o un articolo nessuno, domandati se forse era meglio fare l’idraulico.
4)questa considerazione è molto personale.
se io incido un disco e scopro che su emule è pieno di condivisioni, io faccio i salti di gioia. vuol dire che il pubblico mi cerca e mi ama. chissenefrega se non mi paga il cd: a me interessa che apprezzi, anzi, che AMI la mia arte. i soldi una volta morto non ce li hai più, essere ricordato dopo la tua morte da migliaia di sconosciuti non ha prezzo.
al contrario, se invece mi accordo col gestore di un locale per un compenso di tot euro per un mio concerto, mi incazzo se a fine serata mi paga di meno di quello che mi aveva assicurato adducendo come motivazione che, classico esempio, non c’era molta gente. se non c’era molta gente la colpa è solo tua, gestore, che non sei capace di pubblicizzare il tuo locale. il mio lavoro è la musica, non le pubbliche relazioni. inoltre io di sicuro ho un tot di persone che vengono a vedermi in quanto sono miei amici, quindi di sicuro ho incrementato il tuo guadagno. se non te l’ho incrementato quanto credevi, mi dispiace ma è un tuo problema, hai fatto male i calcoli, la prossima volta mi offri di meno prima e io deciderò se venire a suonare o no.
il lavoro dell’artista non è fatto di soldi, potere e troie. è fatto di sudore e sopratutto di comprensione del mondo che ti circonda. è fatto di compromessi. è fatto di “avere qualcosa da dire”.
se vuoi mangiare, devi sbatterti: un minatore si sbatte il quadruplo di te e non può permettersi quello che puoi permetterti tu. ecco, pensate. la legge ora come ora ti tutela più di un minatore.
L’articolo 70 della legge 633 del 1941 recita:
«Volevo condividere con qualcun altro il piacere di leggere questa poesia» non mi sembra nè critica nè discussione (ma neppure qualcosa di deplorevole). Comunque non m’interessa più di tanto, il mio intento non era quello di discutere sulla colpevolezza o l’innocenza di qualcuno.
Non c’è molto da immaginare: ultimamente si sono viste diverse proposte di legge con l’intento di regolamentare Internet e hai ragione a tremare. Sembra che per la nostra classe politica su Internet girino solo terroristi e maniaci. sarà mica che conoscono solo Facebook? 😛
Alcune cose molto interessanti. Mi fa piacere che questi argomenti siano stati sollevati da un artista, perché si suppone che li conosca per esperienza personale.
Oltre all’80% che citi tu, ricordo che le case discografiche prendono una percentuale anche su CD vergini, masterizzatori, hard disk e altri dispositivi perché potrebbero essere usati per piratare opere protette da copyright. Più precisamente i soldi li prende la SIAE che li distribuisce o utilizza come le pare.
Mi chiedo come si possa stabilire un criterio serio per redistribuire questi soldi. Se su un CD metto le foto delle vacanze li diamo ai Gemelli DiVersi per “Fotoricordo”? Se compro un cellulare li diamo invece a Domenico Modugno per “Piange il telefono”?
PS Per chi fosse interessato all’argomento segnalo che mi sono imbattuto per caso in un saggio che propone un cambiamento radicale del sistema attuale del copyright, o almeno così dice la presentazione: l’ho trovato oggi e non ho ancora avuto modo di leggerlo. Pur non potendo darvi un giudizio in merito vi segnalo il titolo: La fine del copyright – Come creare un mercato culturale aperto a tutti. L’opera è rilasciata sotto licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 ed è disponibile in PDF.
Magari la citazione dell’articolo 70 della legge 633/41 può aiutare a fare un po’ di chiarezza.
Art. 70
“1. Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali.
1-bis. É consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti il Ministro della pubblica istruzione e il Ministro dell’università e della ricerca, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sono definiti i limiti all’uso didattico o scientifico di cui al presente comma.
2. Nelle antologie ad uso scolastico la riproduzione non può superare la misura determinata dal regolamento, il quale fissa la modalità per la determinazione dell’equo compenso.
3. Il riassunto, la citazione o la riproduzione debbono essere sempre accompagnati dalla menzione del titolo dell’opera, dei nomi dell’autore, dell’editore e, se si tratti di traduzione, del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull’opera riprodotta.”
Qui sotto ho fatto un copia-incolla dell’interpretazione che ne dà Wikipedia.
L’articolo 70
L’art. 70 della legge sul diritto d’autore prevede il diritto di compiere il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di una qualsiasi opera per scopi di critica, di discussione e di insegnamento, «nei limiti giustificati da tali finalità e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera».
La dottrina tradizionale e la giurisprudenza hanno però dato una lettura fortemente restrittiva alle utilizzazioni libere, considerato che nell’ordinamento italiano non esiste il concetto di fair use che permette la riproduzione di opere per scopi educativi o scientifici ed è, per contro, più volte rimarcata la necessità di non far concorrenza economica all’autore nell’uso delle opere.
In seguito alla pretesa della SIAE di esigere compensi per diritto d’autore anche per l’utilizzo di opere coperte in attività didattiche, si è aperto un dibattito sull’introduzione del fair use in Italia, sulla falsariga di quello statunitense e del fair dealing di Common law. D’altro canto, il Parlamento dell’Unione Europea in sede di approvazione della direttiva sull’armonizzazione delle norme penali contro la pirateria informatica (Ipred2), aveva già sottolineato la particolarità delle esigenze didattiche o scientifiche. Quest’introduzione trova resistenza negli interpreti e nella giurisprudenza italiani, sebbene agli inizi del 2008 il governo italiano in risposta ad una interrogazione parlamentare del senatore Bulgarelli, abbia affermato che il testo dell’art. 70 debba interpretarsi in senso sostanzialmente analogo al fair use degli Stati Uniti.
Oltre alle libere utilizzazioni previste dall’art. 70, la normativa naturalmente non prevede restrizioni all’uso delle “licenze libere” internazionali.
Il comma 1-bis
Un criticato passo verso le tutele alla didattica previste dal fair use si è ravvisato nella modifica legislativa approvata con la legge n. 2/08, il cui art. 2 ha aggiunto all’art. 70 della legge n. 633/1941 il comma 1-bis, secondo cui è consentita «la libera pubblicazione su internet, a titolo gratuito e senza scopo di lucro, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico». Le critiche, in particolare, vertevano sull’ambiguità e genericità del testo.
A seguito di tale aggiunta, il giurista Guido Scorza e l’editorialista Luca Spinelli hanno promosso un’iniziativa nazionale per la sua definizione e l’introduzione di alcune ingenti liberalizzazioni nel diritto d’autore italiano’ L’iniziativa, sostenuta da personalità della ricerca e della politica italiana (Elio Veltri, Fiorello Cortiana, Mauro Bulgarelli, Salvatore Gaglio, Bruno Mellano ed altri), ha portato ad una proposta di decreto attuativo ai ministri per i beni e le attività culturali, della pubblica istruzione e dell’università e della ricerca.
Io direi che rientra abbondantemente in quella che l’art. 1 definisce “discussione”. La tematica che ha portato all’attenzione Rikym è molto interessante e attuale ma definire Giuso un pirata (con tutte le attenuanti della provocazione) mi sembra eccessivo.
Quale giudice lo condannerebbe, anche se, come dite, ha agito contro legge? La giustizia è fatta anche di buon senso.
Come giustamente fa notare Andrea il termine pirata può risultare eccessivo, ma non c’è da stupirsene: esso nasce in fatti da una campagna mediatica. Per scoraggiare l’adozione di certe pratiche, che possono andare da vendere una copia non autorizzata di un film a prestare un libro, le multinazionali che vivono grazie alle opere protette da copyright le hanno definite pirateria.
Richard M. Stallman, fondatore della Free Software Foundation, scrive in un articolo pubblicato dalla BBC:
Specificando poi che il problema non è solo di Microsoft.
Va detto che in seguito gruppi di persone che si augurano un cambiamento radicale di quello che oggi è il copyright hanno adottato l’etichetta “pirata”, esorcizzandone l’accezione negativa, due su tutti The pirate bay, in questo momento censurata (pardon, oscurata) in Italia, e Piratpartiet (il Partito pirata svedese).
Probabilmente è vero, ma quando la legge è troppo distante dal sentire comune e la giustizia ha bisogno di chiudere un occhio c’è qualcosa che non va. Non si possono lasciare queste questioni solo al buon senso di chi giudica: il rischio è quello di ottenere uno Stato in cui le leggi non servono a nulla. C’è un motivo se esistono sia il potere legislativo che quello giudiziario e sono tenuti separati.
Quando un fenomeno illegale è così esteso da essere incontrollabile da parte delle forze dell’ordine, l’unica cosa da fare è legalizzarlo. A parte rare eccezioni ovviamente.
Ad esempio, anni fa, è stato reso legale dalla Corte di Cassazione il download non a scopo di lucro.
Qui c’è l’articolo: http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/01_Gennaio/20/web.shtml
Non avendo la Corte di Cassazione potere legislativo, non può aver reso legale qualcosa. Infatti nell’articolo citato si parla dell’annullamento di una condanna inflitta dalla Corte d’Appello di Torino.
In particolare secondo la sentenza (che, da quanto scrive il Corriere, deve essere questa) i due imputati non possono essere condannati secondo gli articoli 171-bis e 171-ter della legge 663/41 perché non hanno agito a scopo di lucro.
La conclusione recita:
Attenzione però: parlando di coloro che scaricano materiale protetto il Corriere fa notare che, anche se il fatto non consiste reato:
Sebbene il forse a fine frase non sia molto rassicurante, l’autrice dell’articolo deve aver notato che, anche se l’articolo 171-ter punisce
l’articolo 171 dice:
Ciò significherebbe che scaricare materiale coperto da copyright non è reato, ma, essendo vietato dalla legge, non è neanche lecito.
A questo punto però mi sto addentrando troppo in un campo che non mi appartiene e mi vedo costretto a chieder lumi a qualcuno più ferrato di me in materia. Del resto la forza di Internet è anche questa: c’è sempre qualcuno che ne sa di più.
Lo so che la Corte di Cassazione non ha potere legislativo. Ma le sue sentenze sono un indizio per il legislatore, un indizio che qualcosa cambia nella società.
Per il resto hai già detto tutto tu, Rikym.