Eccovi l’ultima parte dell’Assemblea d’Istituto.
Un discorso da sottolineare è certamente quello sull’Italia stessa. L’unica differenza tra il razzismo in Italia di oggi e quello di qualche tempo fa è che fino a qualche generazione fa gli italiani erano fieri di definirsi “orgogliosamente razzisti” mentre oggi siamo tutti d’accordo in pubblico sulle decisioni morali da rispettare ma poi non c’è applicazione pratica di questi principi e allo stesso tempo anche noi abbiamo credenze xenofobe senza alcuna prova pratica, come il fatto che gli zingari siano ladri e nomadi di scelta (si trovano nei campi profughi non perché vorrebbero avere anche loro una casa ma perché gli piace la sporcizia) oppure che i musulmani siano tutti terroristi e siano qui per convertirci e conquistarci. Sempre a proposito dell’Italia una domanda che è stata posta è: “Ma come mai noi, che apparteniamo alla parte di mondo che si muove velocemente verso il futuro e (in teoria) verso la tolleranza siamo ancora così razzisti?” Gad Lerner in quest’occasione ha trovato una risposta particolarmente veritiera: siamo ancora così perché siamo partiti per il viaggio verso il futuro senza risolvere però i problemi economici alla base, creando incredibili squilibri nel mondo e una vera e propria guerra tra ricchi e poveri, che inevitabilmente porta al razzismo. “Ma perché in Italia, più che in altri Stati, questo problema è sentito così fortemente?” Secondo Gad il motivo è da cercarsi nella debolezza e l’autoindulgenza della cultura italiana: col pretesto che “siamo brava gente” in Italia abbiamo accettato di non impicciarci negli affari sporchi e di mantenere un’ipocrita facciata di tolleranza: da quando, dopo le leggi razziali del 1938, abbiamo iniziato ad autoconvincerci che in realtà queste non fossero mai messe in vigore realmente, o almeno non come in Germania, oppure che se separavamo i perseguitati lo facevamo non per cattiveria ma per il loro bene, abbiamo assunto questo stile di vita contraddittorio che può essere riassunto molto efficacemente con un esempio posto dallo stesso Gad Lerner: se oggi qualcuno proponesse di mandare fondi o adottare dei bambini di Haiti, in seguito alla catastrofe di settimana scorsa, probabilmente la gente si alzerebbe in piedi applaudendo. Ma se fra qualche settimana qualcuno suggerisse di accogliere nel nostro Paese anche solo 1000 abitanti di Haiti, dato che lì non hanno più un luogo dove vivere, quale sarebbe la reazione? “Ma è possibile che il governo italiano non abbia neanche voglia di tentare un’integrazione?” Secondo l’ospite la questione è diversa: semplicemente il fatto che ci siano immigrati sfruttati ha un interesse pratico: siccome la nostra economia è basata per 1/3 su lavori illegali che comunque permettono il benessere dell’Italia, serve che ci sia una quota di stranieri che resti irregolare in modo da poter essere sfruttata con orari di lavoro e stipendi disumani. In Italia servono schiavi zitti, impauriti e ricattabili. Naturalmente a questo punto è stata posta una domanda su Rosarno e Gad ha dichiarato che gli avvenimenti accaduti nel gennaio 2010 nella provincia di Reggio Calabria segnano una data storica: “il giorno in cui i bianchi hanno detto che i neri erano come le bestie e che se ne dovevano andare e la polizia ha ritenuto che l’unica cosa da fare fosse portarli via in base al colore della pelle”. Questa è una terribile sconfitta per la civiltà italiana, un’umiliazione che riguarda tutti noi. Il vero pericolo è che episodi come questi si susseguano e noi ci si abitui a sopportarli: il pericolo è l’assuefazione, come per una droga. “Ma lei come fa a sentirsi parte integrante dell’Italia se l’ha rifiutata per 30 anni?” A questa domanda Gad ha risposto finalmente con un po’ di ottimismo e speranza affermando che ama l’Italia perché comunque questa lo ha aiutato e che le vuole così bene da essere severo con lei e con le sue leggi, tanto da voler cambiarla in meglio.
Trovo che l’incontro sia stato molto interessante ed utile e di certo non possiamo non aver apprezzato l’estrema franchezza di Gad Lerner che si è dimostrato piacevole, chiaro e per niente altezzoso nonostante la celebrità. è riuscito a farci ragionare attraverso concetti nitidi e comprensibili, rispondendo alle nostre domande ma anche ponendocene. La sua domanda fondamentale è stata: “è giusto che persone che fanno lo stesso lavoro abbiano un trattamento diverso a seconda del passaporto?” Ognuno di noi avrebbe una risposta per questa domanda ma di certo quella più efficace è stata quella di Joaquin, che in assemblea ha raccontato la sua esperienza in quando italiano originario dell’Argentina: ci ha descritto l’ingiustizia subita dalla sua famiglia ogni volta che devono rinnovare il permesso di soggiorno o la follia di dover attendere 2 mesi per ricevere la nuova patente dalla Zecca di Roma invece di ottenerla facilmente in qualche settimana come ogni altro italiano. Nessuno crede che sia profondamente sbagliato essere trattati come feccia e spinti dai manganelli solo perché si ha fatto “l’errore” di nascere dalla parte “sbagliata”? Non ci rendiamo conto che è molto più facile nascere in un luogo messo male? Noi abbiamo fatto qualcosa per meritarci di essere italiani? E secondo quale principio crediamo di avere il diritto di sfruttare e maltrattare coloro che invece magari se lo meriterebbero più di noi?
Grazie, Fedex44. Speriamo di fare altre assemblee partecipate come questa.