Seconda fase Assemblea d’Istituto

Al termine dell’introduzione, ci è stato ufficialmente presentato Gad Lerner, giornalista italiano originario di Beirut, impegnato politicamente e socialmente in programmi televisivi come L’infedele su La7. L’incontro non è stato un lungo monologo: lui stesso ha preferito aprire un dialogo con noi, rendendosi disponibile per domande e interventi.Durante la discussione Gad Lerner ha affrontato insieme a noi svariati argomenti introdotti dalle nostre domande, parlando della sua esperienza personale, del suo passato e delle sue ipotesi politiche e sociali.In seguito alla domanda dello stesso Luigi Ferrauto sull’origine degli avvenimenti della sua vita, ad esempio, il nostro ospite si è aperto con noi affermando che in realtà il suo passato non è stato una scelta dettata dalla paura o dal coraggio ma una “non-scelta dettata dalla sfiga”. Ci ha poi riassunto in poche parole il suo arrivo qui in Italia: Gad è nato nel 1954 a Beirut, in Libano, da una famiglia di Ebrei che sono fuggiti dal loro Paese ed è arrivato in Italia a soli 3 anni. Ce ne ha messi circa 27 però per ottenere la cittadinanza italiana.

Una domanda interessante ma difficile è stata sicuramente se lui si fosse mai vergognato delle sue origini. Sempre attingendo ai suoi ricordi il giornalista ha risposto che sì, così come gli adolescenti ad un certo punto della loro vita iniziano a vergognarsi dei propri genitori quando questi li mettono in imbarazzo davanti agli amici, anche lui si ricorda della vergogna che provava la sua famiglia per sua nonna che era una sopravvissuta, fisicamente ma, come molti, non psicologicamente, ai campi di concentramento. Gad ha affermato di essere consapevole che tra il suo popolo è molto importante la memoria del passato e in particolare dello sterminio nazista e ha anche accennato ad alcune false credenze e pretesti alla base del rancore verso gli Ebrei come il fatto che fossero costretti a praticare solo alcune professioni (le più disprezzate) e la convinzione che gli Ebrei fossero avari, furbi, erranti…fino ad arrivare all’accusa peggiore e cioè che fossero gli assassini di Gesù e quindi di Dio. Tutto questo unito ad altre leggende come quella che il popolo di Israele praticasse dei rituali che prevedevano l’uccisione di un cristiano per usare il suo sangue nell’impasto del pane azzimo (molto simile alla credenza che gli zingari siano ladri di bambini). Gad ha poi concluso questa parentesi sul passato affermando che sì, ha provato vergogna per le sue origini: perché, nonostante tutto quello che la sua gente ha passato, gli è capitato di domandarsi se un popolo che è stato tanto disprezzato e ha provocato una furia tanto grossa da essere raggruppato in massa, nudo, in fila per l’ingresso nei campi di concentramento non abbia davvero fatto qualcosa di male. Oggi però Gad afferma di vergognarsi della sua stessa vergogna.

In seguito Luigi ha chiesto al nostro ospite se, secondo lui, dal punto di vista dell’identità, i passaporti servissero davvero a qualcosa. Gad ha risposto dichiarando che naturalmente dal punto di vista pratico il passaporto è indispensabile perché, al giorno d’oggi, senza non ci si può neanche muovere di casa. Ci ha raccontato anche di un episodio significativo che dimostra quanto detto sopra: durante un’intervista televisiva lui parlò con un uomo che affermò di essere attualmente clandestino. Al termine della trasmissione l’uomo si trovò davanti la polizia che lo interrogò per mezz’ora prima di rilasciarlo per evitare uno scandalo legato alla televisione. Naturalmente in realtà il passaporto non ha niente a che fare con l’identità di un individuo, così come è ridicolo cercare la purezza delle origini.

Successivamente abbiamo discusso sulla vera origine del razzismo odierno: ormai la genetica ha dimostrato che ogni individuo sulla Terra è diverso e quindi la xenofobia si è “evoluta” da razzismo generico a razzismo culturale, dettato dall’ignoranza della lingua, religioni e tradizioni, in realtà pretesti. Quanto ci importa davvero se siamo in una stanza in presenza di qualcuno che tifa per una squadra diversa dalla nostra, che crede in una fede diversa, che viene da un Paese diverso dal nostro? Tutti questi sono i soliti pretesti che fin dall’inizio dei tempi abbiamo usato per giustificare la paura, la violenza e le guerre.

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