Morale, morali?

Fondare la morale?
I miei alunni non nascondono i dubbi. Il relativismo estremo sembra essere l’ovvietà dei giorni nostri.
Ma forse una risposta è possibile. Ci provo.
Non pretendo di essere originale: salgo sulle spalle di Aristotele. Nella Politica, dice che l’uomo è il più comunitario di tutti gli animali perché parla:

É chiaro quindi per quale ragione l’uomo è un essere comunitario molto più di ogni ape e di ogni altro animale che viva in gruppo. Infatti, come sosteniamo, la natura non fa niente a caso. Tra gli animali solo l’uomo possiede la parola. La voce serve ad indicare la gioia e il dolore e, per questo motivo, la possiedono anche gli altri animali (…); il discorso invece serve ad esprimere l’utile e il nocivo, e quindi il giusto e l’ingiusto. Ecco l’elemento che differenzia l’uomo dagli altri animali: l’avere, egli solo, la percezione del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto e degli altri valori. L’avere in comune questi valori crea la famiglia e la polis.


Certo, l’uomo non nasce dotato di parola: ha bisogno di modelli dai quali apprendere. però, l’imitazione non spiega il ritmo eccezionale dell’apprendimento e la straordinaria creatività del linguaggio infantile. I ricercatori hanno cercato di modificare la grammatica usata dai bambini piccoli ricorrendo ad altri modelli. Non ci sono riusciti.
In definitiva, come hanno appurato gli studi di Noam Chomsky, gli esseri umani sono per natura predisposti all’apprendimento del linguaggio. L’uomo è un animale che parla.
Il linguaggio, come è ovvio, è uno strumento di comunicazione e la comunicazione presuppone delle relazioni con altri esseri in grado di comprenderla, quindi con altri esseri umani.
Già questo basta per dimostrare il carattere naturalmente comunitario degli esseri umani. Ma c’è di più: l’uomo non può nemmeno comprendere se stesso, se non in maniera immediatamente comunicativa e comunitaria. Infatti, ogni essere umano, per comprendersi, per riflettere sulla sua vita, deve formulare dei pensieri e lo può fare bene soltanto in una forma linguisticamente strutturata e, quindi, potenzialmente comunicabile. Gli esseri umani possono, insomma, negare la loro natura comunitaria solo al prezzo della rinuncia all’autocomprensione. Dovrebbero rinunciare ad essere ed a sentirsi uomini.

Il celebre passo di Aristotele che abbiamo letto ci offre anche altri motivi di riflessione.
In greco il termine logos significa «parola», ma anche «discorso», «ragionamento», «argomentazione». Perciò, quando Aristotele afferma che l’uomo è dotato di parola, vuol dire che comunica razionalmente, che è un animale razionale, l’unico in grado di sviluppare argomenti e di proporre le sue «ragioni».
Ora, come ha spiegato il filosofo tedesco Karl-Otto Apel, questo fatto implica delle conseguenze morali immediate. Egli sostiene, infatti, che appartiene ai presupposti dell’argomentare serio l’aver accettato una «norma fondamentale» nel senso delle regole della comunicazione di una illimitata comunità ideale dell’argomentazionea priori, devo, prima di tutto, aver accettato di accogliere tutte le possibili ragioni che mi possono essere presentate, da qualsiasi parte vengano; non posso rifiutare pregiudizialmente delle ragioni senza cadere in un’autocontraddizione pragmatica, cioè senza che il mio comportamento neghi il valore del mio argomentare. Inoltre devo aver accettato di esprimermi in maniera comprensibile, vera (con un linguaggio che fa riferimento in maniera semanticamente corretta alla realtà esterna), veridica (cioè sincera – non posso, ad esempio, fingere di amare chi in realtà non amo), giusta (cioè conforme alle norme della comunità dei parlanti). Se tutto questo non si dà, non si dà nemmeno l’argomentare serio e pertanto, in qualche modo, mi sto negando come essere umano razionale e comunicativo e, se le cose stanno così, la morale diventa necessariamente una questione comunitaria, perché presuppone, almeno idealmente, che vengano considerate le ragioni degli altri esseri umani.
Ci siamo, quasi.
Che ne dite?

2 commenti su “Morale, morali?”

  1. Troppo spesso idealmente. Ho cercato di capire il discorso e mi piace. Senza basi, ma ho cercato di capire tutto perchè mi interessa molto. Mi potrebbe considerare un’alunna che viene dalla scuola media e quindi a digiuno di filosofia ma avrei la presunzione di capire e quindi faccio domande.
    Gli animali hanno l’istinto e l’uomo ha, oltre l’stinto, anche la ragione; ma la percezione non deriva dall’istinto? O con la parola percezione indende dire che l’uomo ne ha solo la percezione perchè nella nostra società non ci si spreca a distinguere e si fa solo ciò che ci torna comodo?
    Inoltre, avendo bisogno di comprendermi voglio vivere tra le persone e partecipare perchè solo cosi’ si impara, ci si confronta e si rafforza la nostra personalità.Certo l’importante è capire il limite, ma troppo spesso si dà l’impressione di volersi distinguere, almeno nel mio ambiente. Peccato!

  2. Ho copiato la citazione di Aristotele dalla traduzione di Livio Sichirollo (casa editrice Le Monnier).
    Nella versione di Carlo Augusto Viano (Laterza), si traduce con “nozione”.
    Nel testo greco Aristotele scrive aisthesin, accusativo di aisthesis. Di solito si traduce con percezione, sensazione, ma può avere anche altri significati.
    Qui vuol dire che l’uomo ha la capacità di distinguere il bene dal male, il giusto e l’ingiusto a prescindere dal proprio interesse personale.

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