Sono contento che sulle questioni che ho sollevato sia nato un vivace dibattito. Si diceva che il “blog” languiva, e invece eccolo qua, vivo e vegeto, nel momento in cui si discutono questioni importanti.
La posizioni si confrontano – devo riconoscerlo – in modo corretto, argomentando, senza invettive o insulti (salvo quel tale Bhà, che ancora non è venuto a chiarirmi di che cosa esattamente si lamenta: ma il suo turpiloquio riguarda la mia persona, e quindi non importa).
Molte sono le cose che vorrei dire, perché ognuno dei commenti che ho letto mi ha fornito delle sollecitazioni: ma non voglio intervenire “nel merito”, perché non voglio dare l’idea di venir meno al mio dovere di imparzialità. Il preside è una persona come le altre, ha le sue idee e le propugna: è un libero cittadino e ha diritto di parola; con una limitazione, però: essendo un dirigente scolastico, egli dipende dal direttore generale dell’ufficio scolastico regionale per la Lombardia e – in successiva istanza – dal Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca. Tuttavia, quando dice che è meglio non perdere gorni di scuola, il preside non pensa al ministro o al direttore generale: pensa invece ai ragazzi che più degli altri hanno bisogno di venire a scuola. Quando ero “under 20” e non “over 50” come ora, ho brillantemente recuperato tutte le giornate perse in manifestazioni, autogestioni e occupazioni grazie alla pronta intelligenza (e all’equilibrio) che il buon Dio mi ha dato, mentre tanti altri miei compagni, meno di me inclini allo studio, ci hanno lasciato le penne. Questa, e nessun’altra, è la mia preoccupazione di oggi, nel momento in cui invito i ragazzi a venire a scuola.
Grazie comunque a tutti coloro che hanno contribuito al dibattito.