Sono stato maestro ed ho insegnato a leggere e scrivere.
Accanto agli errori di ortografia dei miei alunni disegnavo un teschietto: si divertivano e imparavano.
Qui non posso fare disegnini. Mi limito a suggerire di rileggere dopo aver scritto.
Può essere utile anche il correttore ortografico dei normali programmi di videoscrittura: non è mai perfetto, ma segnala gli errori più comuni e vistosi.
Si tratta del blog di una scuola…
a raggione proff, non si possonno vedere certi errori di ortograffia.
Rileggerò con attenzione il tuo compito.
Fulmini e teschietti!
Mi scusi ma io ho mai fatto errori nei miei commenti o nei miei articoli? Se si, quali?
Non ho fatto il minimo sforzo mnemonico per ricordare chi ha fatto errori.
Sono aumentati e questo mi preoccupa.
Ahahah prof che dolce l’idea dei teschietti! 🙂
Si si! Potrà dolcemente disegnarli sulla mia bara i teschietti… a breve.
Un ragazzo tanto amato parla ancora di bara?
Forse è ora di cambiare nickname.
No mi creda. Non c’è la faccio piu’. Ragazzo tanto amato…ma non riesco ad essere felice. Come al solito riesco solo a far soffrire le persone intorno a me…sempre la lametta accanto. Buon per lei che non è riuscito a vedermi le braccia oggi. Scusi per lo sproloquio. Non è la sede opportuna per la mia insulsa vita.
Caro * (non voglio usare il tuo brutto nickname), lo sai: io son cresciuto tra oratorio ed Azione Cattolica (formidabili quegli anni) e mi ripetevo: «Gesù Cristo dà senso alla vita, la pienezza umana si può realizzare».
Poi mi sono sposato. Ho frequentato poco l’università: avevo una famiglia da mantenere. Studiavo, però. Studiavo anche la notte. Nel suo silenzio le parole dei libri incrinavano le mie convinzioni. Morbidi dubbi si sostituivano a salde certezze, mi catturavano in un labirinto di domande senza risposta.
Era di moda Nietzsche:
Passarono anni, intento a cercare risposte, sospinto tra l’una e l’altra sponda. Ma deluso da Nietzsche
E dai suoi piccoli imitatori:
A lungo, col cuore inquieto, mi sono appoggiato a Dio.
Oggi sono tranquillo. L’essere e il nulla, Dio e il gigante caso non mi (dis)turbano più.
La vita ha senso comunque. Siamo limitati e relativi: possiamo trovare un senso limitato e relativo, ma concreto, a portata di mano, di mente e di cuore.
Non è così anche per la ragione?
Chi potrebbe trovare il fondamento ultimo della ragione? Non ci è possibile, ma nemmeno è necessario perché lo stesso atto di chiedersi quale sia il fondamento della ragione equivale ad aver accettato il punto di vista della ragione. Non possiamo chiederci quale sia il senso della ragione se non abbiamo prima accettato il suo valore come strumento di ricerca. Per negarlo dovremmo ridurci ad un livello vegetale e rinunciare persino alla comprensione di noi stessi.
Per il senso della vita non è molto diverso. Non c’è senso per noi al di fuori del vivere e il morire ne fa parte. Vivere significa aver accettato che la vita abbia senso, dolori compresi. Del resto, come dice Tenzin Gyatso XIV Dalai Lama, «siamo noi a crearci gran parte delle nostre sofferenze».
E Dio? Probabilmente c’è, ma credo sarebbe il primo a dirci: «Troppo comodo cercar da me anche ciò che è già alla vostra portata. Ho troppo rispetto per la vostra dignità. Non sarò tanto invadente da fornire tutte le risposte».
Non credere a chi dice: «La vita oscilla come un pendolo tra il dolore e la noia». Non è vero. C’è un’asimmetria: vale più la leggerezza di poche gocce di allegria del peso di un bidone di noia.
Sorridi.
Buona giornata.
PS
Le lamette tienile per tagliare la barba: devo ancora spiegare Bachelard.