Eccoci arrivati ad Auschwitz: ad accoglierci una nebbia fitta e densa, presagio di un’esperienza che ci avrebbe segnato la vita.
Binari grigi, filo spinato ovunque e tutto intorno a noi baracche, testimoni di un genocidio inspiegabile e senza senso. La terra, dimora di molte vittime, sembra fremere e urlare di dolore sotto i nostri piedi mentre nei nostri cuori solo rabbia.
Non potremo mai scordare quelle foto appese nel museo: sguardi attoniti e impauriti ci scrutano dalle piccole cornici, fredde che chiedono di essere ricordate.
Guardando attorno le descrizioni di Primo Levi sembrano prendere vita.
E’ difficile non immaginare uomini, donne e bambini, ormai diventati numeri, girare per il campo immenso in balia del gelo che immobilizza gli arti, incapaci di far scendere sul loro viso anche solo una lacrima.
I camini dei forni crematori sembrano ancora fumare insaziabili.
Molti sono gli stagni dove, a distanza di mezzo secolo, galleggiano frammenti di ossa umane. Nelle teche ci sono oggetti di tutti i generi muti e immobili ma allo stesso tempo intrinsechi di una straordinaria carica emotiva. Capelli, tutine di bambini ormai consunte, occhiali deformi e scarpe logore giacciono inermi davanti ai nostri occhi increduli.
Ci ritroviamo in un corridoio freddo, umido, contaminato dalla muffa invadente e davanti a noi si ergono delle celle, alcune anche di infime dimensioni, dimentiche della luce del sole dove molti prigionieri (tra cui anche il celebre Padre Kolbe) hanno trovato la morte abbandonati a se stessi.
Custoditi qua e là vi sono anche autentici documenti tedeschi compilati minuziosamente e machiavellicamente, partecipi e collaboratori di un piano spietato.
Imponenti si ergono alcuni Blocks dove dottori malati compivano crudeli esperimenti su corpi innocenti. A testimoniare ciò la foto di un bambino di appena due anni: occhi persi, spauriti e un corpo che di umano ha ben poco.
Infine più di 600 persone hanno acceso una candela in onore di quelle vittime che per giorni, mesi o addirittura anni sono state costrette a vivere un incubo da cui era impossibile evadere; che ogni mattina lottavano per far sì che la loro speranza di essere liberi non potesse rimanere un flebile sogno.
Ogni nostra singola fiammella sia quindi testimonianza giorno per giorno di questo triste capitolo della storia che coinvolse l’intera umanità.
Carla Diani e Stefano Lenzi
Grazie per aver ospitato le nostre anime sul vostro treno. Che le povere creature vittime di quell’inferno possano trovare pace.
M.Pigni
Mi associo a Marco Pigni e ringrazio gli autori del “pezzo” per la carica emotiva che hanno saputo trasmettere. “Meditate che questo è stato”.
Suggerisco, a coloro che vogliono approfondire, la lettura de “La distruzione degli Ebrei in Europa”, di Raul Hilberg.
sono 2 volumi tremendamente “crudi e veri”: ve li consiglio anche io! Se avete occasione guardate anche la Shoah di Claude Lanzmann (si trova ora in DVD). Inutile dire che ciò che è filmato è assolutamente reale…
Colpito profondamente dalla ferocia dell’uomo, una frase del Riccardo III di Shakespeare mi viene in mente: “Non c’è belva tanto feroce che non abbia qualche senso di pietà! Ma io non ne ho alcuno, sicché non sono una belva”.
Non ho parole, ma mi tornano in mente quelle di Primo Levi
«Quando non si riesce a dimenticare, si prova a perdonare»
e provo a sentire dentro di me quella stessa sofferenza fisica, fatta di ore, giorni e anni, a sentire sotto le scarpe pesanti e lacerate l’onnipresente pantano o, almeno, tento di immaginare che qualcuno quelle sofferenze le ha provate veramente .
E’ ciò che ci chiede di sentire e ricordare Primo Levi in
Se questo è un uomo
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
OGNUNO LA PUO PENSARE COME CREDE!!!!!
RIPROPORREI L OLOCAUSTO PER GLI ZINGARI INUTILI CHE CI SONO SULLA TERRA.
NOI ABBIAMO BISOGNO DI PERSONE PRODUTTIVE NON DI PERSONO INUTILI ALLA SOCIETA.
A NOI!
mi fai pena!!
bisognerebbe che succedesse a lui ciò che hanno passato loro.
Mi spiace perchè mi metto ad un brutto livello a dire questo, ma..
mi viene così!
cio che dice sto tizio dimostra che la madre degli imbecilli e’ sempre incinta, e fintanto esisteranno esseri di questo tipo, credo che altri auschwitz potrebbero in futuro avvenire, stiamo attenti!
o non sono d’accordo
Pensavano proprio così i nazisti: eliminare le persone inutili ed improduttive.
Per farlo ben capire anche ai bambini, proponevano opportuni problemi nei libri di scuola.
Alberto, invece, ha imparato da solo: complimenti vivissimi.
Non so quanti anni abbia il buon Alberto, ma l’abuso di maiuscole e punti esclamativi è diffuso soprattutto fra i giovani.
Gli anni e le prove della vita gli porteranno un po’ di saggezza. Spero.
Tutti, comunque, siamo improduttivi per gran parte della nostra vita, quando siamo bambini, quando siamo molto anziani, quando siamo malati.
io invece penso che non abbiamo bisogno di teste di cazzo. la differenza ch non le sterminerei: le rinchiuderei tutte in un recinto, ci penseranno loro ad auto-eliminarsi.
Cari l.Cirio e Alberto, forse voi stessi parlate così perchè appunto credete di essere inutili e privi di ogni senso.
Se in questi maledetti posti dimenticati da Dio vi fosse stato vostro nonno/a, vostro figlio/a o i vostri genitori, calcolati come essere inutili merce impura, parlereste ancora in questi termini? Dovreste far usare il vostro piccolo cervello e pensare a cosa provereste se vi iniettassero la malaria, e ne studiassero il suo percorso e sviluppo, o se vi estirpassero degli organi interni, senza alcuna anestesia o pulizia, se vi castrassero tagliandovi i vostri pregiati coglioni!! Le persone all’interno dei campi hanno visto e vissuto tutto questo, cosa fareste se vostro figlio diventasse una cultura umana vivente di germi e batteri perchè dei pazzi bastardi che non capiscono nulla di medicina glieli inietterebbero??? Pensate e pensate in prima persona prima di parlare!!
Bè, conoscendo Cirio ti posso dire che si riferiva ad Alberto con quel epiteto, quindi la pensa anche lui come te 🙂
ringrazio ale per avermi difeso, ma ci tengo a far luce su questo.
cara federica, tutte quelle cose che hai elencato io le augurerei a tutti quelli che ragionano come quel grande genio di alberto, anche se si trattasse di mio nonno. le persone che scrivono e pensano cose del genere sono inutili. e dannose.
non c’e stata peggior disgrazia dei lager nazisti e di tutto quello che hanno dovuto subire bambini donne uomini e vecchi solo questo posso augurare a chi è sopravvissuto a una simile sciagura le auguro gioia e pace e soprattutto perdono a quei maledetti nazisti perchè io non gli perdonerò mai!!
la foto del bambino di 2 anni mi ha fatto molto piangere vedere il suo visino cosi sofferente povero angioletto Chissa se sara riuscito a salvarsi???
non penso proprio, considerato che le “cavie” dopo qualche giorno (proprio per essere diventate “tali”) venivano..eliminate!
la cosa + agghiacciante e che ancora oggi c’è gente che nega che tutto ciò sia accaduto e pensare che sono passati appena 60 anni…. di fronte a queste foto che urlano lo scempio compiuto dalla mano dell’uomo mi vergogno di appartenere al genere umano!!
che Dio abbia pietà di noi
è proprio gente di chiesa a negare tutto ciò, quindi non invocherei la magnificenza di dio io, almeno per buon gusto..
Leggo dal libro di Giorgio Agamben “Quel che resta di Auschwitz”: “in latino ci sono due parole per dire il testimone. La prima, testis, da cui deriva il termine testimone, significa etimologicamente colui che si pone come terzo (terstis) in un processo o una lite tra due contendenti. La seconda, superstes, indica colui che ha vissuto qualcosa, ha attraversato fino alla fine un evento e può, dunque, renderne testimonianza”. Primo Levi era , in ogni senso, un superstite. Superstite di Auschwitz era anche Romeo Salmonì che si è spento oggi a 91 anni e dalla cui storia Benigni ha tratto parti de “La vita è bella”. L’idea di ridimensionare fino anche a negare i campi di sterminio può nascere così come è esistita Auschwitz. Che ciò possa succedere “nella Chiesa” è aberrante e lascia increduli. Oggi i superstiti se ne stanno andando ma i testimoni, testis, ci saranno per sempre a prendere il treno, a leggere, a studiare, a informarsi…
Grazie Francesca, per il tuo garbato e profondo intervento. Il mio babbo ti sarebbe riconoscente, come lo sono personalmente. Un virtuale abbraccio a tutti coloro che non ci sono più, ma che sono i superstes per le future generazioni.