Felice anno

Quanti auguri di felicità, di serenità, di gioia in questi giorni.
Spesso forse sono formule di rito che si ripetono per consuetudine, senza riflettere. Ma basta pensarci un po’ per accorgerci di quanto questi auguri siano importanti.
Felicità! Nel suono somiglia a “facilità”, ma la somiglianza si ferma lì.


Ognuno ha il suo fardello di dolori e non chiede che di metterlo per un po’ in un angolo buio, di dimenticarlo, foss’anche per un’ora, una buona ora, come sembrano dirci i francesi il cui bonheur assomiglia tanto a bonne heure.
Ognuno spera che finalmente questa happiness, che sin dal nome sembra capitare a capriccio, sorrida anche a lui.
E così, la fame di felicità cresce. Me ne accorgo quando si presta l’occasione e pongo agli studenti la domanda di John Stuart Mill: «É meglio essere un Socrate sofferente o un porco soddisfatto?». Ogni anno il coro grufolante dei porci soddisfatti aumenta significativamente. Un tempo la sola idea di essere un porco soddisfatto suscitava ripugnanza, oggi sembra una simpatica soluzione. Disperando di poter trovare la felicità, ci si aggrappa al piacere. O forse, dato che la felicità è piacevole, ci si illude che il piacere dia la felicità.
Una volta superavo lo scoglio proponendo le cure del mio amico neurochirurgo dottor Felice d’Edonis, che ha trovato il modo di garantire il piacere inserendo degli elettrodi nelle aree giuste del cervello. Certo, si vive una vita virtuale, in un letto di ospedale, monitorati dai computer, ma quanto piacere! Sicuramente meglio di Matrix.
Quando chiedevo quanti fossero interessati alle sue cure, tutti si ritraevano inorriditi, ma, da un paio d’anni, trovo qualcuno che, interessatissimo, mi chiede se è vero, se davvero è possibile avere un simile dono.
Che cosa sta succedendo?
La mia è soltanto un’ipotesi.
Non rimpiango gli anni della mia gioventù, un periodo storico duro, conflittuale, spesso violento. Ma erano anche gli anni in cui si parlava di principio speranza in filosofia e di teologia della speranza nelle comunità cristiane. E davvero speravamo di costruire qualche cosa di migliore rispetto a quanto avevamo trovato.
Forse ha ragione Hans Jonas quando sostiene che al principio speranza, nutrito di utopia, bisogna sostituire oggi un più realistico principio di rersponsanilità. L’utopia può facilmente rovesciarsi in qualcosa di mostruoso; ce lo ha ben fatto capire il secolo appena passato. Stiamo attenti però a non buttar via il bambino con l’acqua sporca. Oggi la speranza sembra un bene raro, ma, come dice Kierkegaard, la mancanza di speranza, la dis-perazione è la malattia mortale. Senza speranza non si vive. La vita sembra oscillare come un pendolo tra il dolore e la noia, sembra un tunnel al cui fondo non si vede la luce.
Eppure ci sono ancora tante persone che sorridono alla vita ed al prossimo.
Forse non tutto è perduto. Vi auguro un felice anno, costruiamolo insieme.

Un commento su “Felice anno”

  1. beh prof, menomale che non ha scritto che la mia risposta è stata “un porco soddisfatto”.
    Buon anno anche a lei, e ha ragione, costruiamolo insieme, quindi, mi promuova…
    😀
    (scusi la punteggiatura)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *