Dicono in tutte le regioni d’Italia: “Tutt’il mond’è’n paese”, oppure “Tutto il mondo è paese”, secondo una ventina di pronunce regionali differenti. E questo detto ti torna in mente in tutte le sue variabili dialettali, quando vedi che (dannazione) le scuole si somigliano tutte; e che i comportamenti dei docenti presentano ovunque la stessa gamma di variabili, grosso modo replicandosi uniformemente da luogo a luogo.
Oggi, prima della prova gli studenti del liceo *** s’accalcavano alle porte (un po’ pericolosamente) per sprintare verso gli ultimi banchi delle aule. Io ho aperto loro dicendo: “Chi entra per primo va al primo banco”. C’è stato un attimo di imbarazzo, ma poi la volata è scattata; come ogni anno, come dovunque.
In tutte le aule si è entrati vociando e sgomitando, salvo una.
Lì la professoressa occupava (senza troppa fatica) tutta la porta; aveva un foglietto in mano, con la famigerata “piantina della classe”. Si era preparata la miglior combinazione per ostacolare le copiature, inframmezzando fra loro i più bravi e i meno bravi. Mirabile.
Il foglio ministeriale diceva: “E’ consentito soltanto l’uso di calcolatrici non programmabili”. E che vuol dire esattamente “non programmabili”? Se n’è dedotto, in quella classe, “nessuna calcolatrice”. Amen. Siamo nell’era del computer, ma una calcolatrice fa paura.
Uscito di lì, sono passato alla classe di un vecchio professore, severo decano della matematica in quel liceo.
Lì ognuno aveva la sua brava (e bella) calcolatrice scientifica; e su un banco il professore aveva lasciato una copia del tradizionale “Dodero-Baroncini”. Chi ne aveva bisogno si alzava e lo sfogliava liberamente. “Non serve – ha detto il professore – come non servono le calcolatrici; ma dà sicurezza”.
Appunto.