Ragazzi, il formulario di matematica è come la coperta di Linus: tiene caldo, e basta. Guai a chi si illude di poterne fare il talismano della perfetta seconda prova: dove peraltro, attenzione attenzione, ciò che si può utilizzare è specificato in calce al testo della prova stessa. Quindi, se c’è scritto sul foglio che vien da Roma “i candidati possono utilizzare…”, si usano i formulari; se no, no, e non c’è né Strati né Guerra che tenga.
Analogamente, nella terza prova decide la commissione: per cui, se è ammesso (che so) il vocabolario di inglese monolingue non si può usare il bilingue… eccetera.
Ma mi chiedo: chi, e perché, pone divieti a priori? Qual è il senso del mandare a memoria, ad esempio, le formule di postaferesi? Io all’esame di maturità le avevo avvolte nel fazzoletto da naso (e lì, per fortuna, sono rimaste). Forse c’è qualcuno a cui piace complicare inutilmente la vita; o che, semplicemente, non ha ancora capito che oggi la cultura non è mandare a memoria, ma saper utilizzare le informazioni giuste al momento giusto e nel modo giusto. E che non ha capito che il compito del docente non è far ripetere nozioni, ma far risolvere problemi in modo originale.
“Never mind”: lasciamo da parte i formulari e, tramite il “blog”, fatemi rinnovare il mio saluto affettuoso e il mio augurio di ogni bene e di pienezza di vita, non solo di felicità. Non date troppa importanza ai centesimi che usciranno sul tabellone, ma a quello che siete riusciti a essere o diventare in questi anni. Nella vita il voto, cioè il giudizio degli altri, nella scuola quanto all’università oppure nel lavoro, non è mai una misura attendibile di voi. E’, invece, una misura che coglie la vostra adeguatezza a un modello predefinito che (ve lo siete mai chiesto?) potrebbe anche essere non bello né positivo.
Non vi siete mai chiesti, ad esempio, se il voto non vi dice soltanto se siete “fit” o “unfit” al modello di studente nostalgicamente ricercato dalla scuola autoritaria e selettiva?
E’ sempre un’ottima regola di vita quella di scrollarsi di dosso qualsiasi giudizio, appena lo si è preso. Dimenticare i giudizi positivi serve a mantenere la modestia dei grandi e a non indulgere alla stupidità della vanagloria; distogliersi dai giudizi negativi serve a riprendere coraggio, ad andare avanti e a ritentare.
Soprattutto, non ci sarà mai misura che possa esprimere l’irripetibile complessità e l’infinità del vostro mondo interiore. Saba (a proposito, perché lo temete?), in mezzo ai fischi e ai lazzi di chi derideva la sua poesia, sentiva “un’intima voce dir(gli) bravo”. Quell’intima voce lo ha aiutato ad andare avanti e a darci pagine bellissime. Ed è quell’intima voce che dovete ascoltare, per vivere da giusti e camminare a testa alta: con l’aiuto di Dio e di chi vi sarà vicino e compagno nella splendida e difficile avventura della vita.