Bistrattato professore, tu non puzzi di sudore. La tua vita è comodona e puoi startene in poltrona. Sempre quello è il ritornello: «Troppo lunghe le vacanze! Credi d’essere il più bello? Sono giuste queste usanze? Sono poche diciott’ore, lazzaron d’un professore».
Val la pena di smentire chi non vuol proprio capire?
«S’io son furbo e tu sei grullo – lesto lesto dico allora – s’io son sveglio e tu citrullo, che ci vuoi mai fare ora? Ci dovevi allor pensare e deciderti a studiare»
Ma se mi vorrai ascoltare, forse ti potrò spiegare come abbia la fatica il docente per amica.
Non ha posa il professore e lavora a tutte l’ore. Certo stira le camicie, ma il pensiero corre a Nietzsche. Se pulisce i pavimenti ha presenti gli studenti. Se cucina un bel rognone non dimentica Platone. Riordinando il cassettone, lui rimugina Bacone. Se si mette le pianelle gli sovvien tosto d’Apelle. Quando è intento a spolverare lui continua a meditare. Non pensar che sia vanesio: ha imparato da Cartesio.
Anche il dì di Ferragosto, con il vino e con l’arrosto, il pensiero lesto vola: non dimentica la scuola.