questa poesia l’ho scritta pensando che potesse adattarsi nella vita di tutti, perché penso che chiunque si troverà o già si sia trovato in una situazione psichica o sentimentale simile a quella che si può estrapolare da questo sonetto imperfetto, così intitolato perché chi se ne intende noterà subito che i versi non fanno completamente fede alla metrica del sonetto.
Leo Missi
Mai quant’ora ebbi ‘l desio immane
Mai quant’ora ebbi ?l desio immane
di chi senza speranza vi rimane,
di veder l’aurora morir nel mare
col cuor mio che si spense a sognare.
E come ?l vento fruscia tra le foglie
così fuggivan le mie voglie
che il colore avean della vita.
E non potrò toccare con le dita
l’essenza di ogni desiderio
che fuggito è dal mio pensiero.
Ed io inerte rosa senza spine
che già sentivo la sdegnosa fine
del mio cuor ti aprii le porte
e mi destai dalla vera morte.
È possibile considerare questo un sonetto?
Teoricamente, seppur imperfetto, un sonetto per essere tale dovrebbe essere composto da rime (o in questo caso assonanze) alternate (ABAB) o quasi (ABBA). Generalmente il contenuto mi piace, non lo si può chiamare sonetto, bensì poesia a versi assonanti (con metrica volutamente imperfetta). Premetto che questa è una critica costruttiva con il fine di darti dei feedback.
Ultima cosa: nell’introduzione alla poesia rispetta le regole grammaticali, come la maiuscola sulla lettera iniziale, oppure quando scrivi “che potesse adattarsi nella vita di tutti” si scrive “che potesse adattarsi ALLA vita di tutti”.
Come ultimo feedback riguardante l’introduzione, non ultimo per importanza di certo, ti dico che non hai concluso la frase correttamente: hai aperto un inciso senza chiuderlo.