Lunedì 30 gennaio 2006, entrando a scuola, vengo accolto dal prof. Pigni con sferzanti parole in tedesco. Non mi preoccupo: tutti sanno che quando Pigni non ha niente da dire, lo dice in tedesco.
Poi, però, continua in un italiano asburgico: «Lei, professofe, sabato non era al suo posto di combattimento nelle trincee dell’Istituto Calfino. La sua diserzione è stata notata. Qvesta è una grafe mancanza. Sarà deferito alla corte marziale e io personalmente afrò il piacere di comandare il plotone d’esecuzione!».
Lo guardo pieno di compatimento: è la prova vivente che la scuola può far male. Tutti, venerdì, hanno sentito i telegiornali che annunciavano la chiusura delle scuole.
Non voglio infierire e mi limito ad un bonario: «Mo’ va…»
Mi guarda serio e, parlando finalmente come Dio comanda, mi dice: «Guarda che non scherzo, sabato la scuola era aperta e tu e quel giacobino di Colavolpe non eravate al vostro posto.
Noi eravamo qui con i registri ghiacciati, con un pugno di studenti, a guardare Il mestiere delle armi, nel freddo di una scuola senza riscaldamento, sferzata dalla tormenta e voi siete rimasti sotto le vostre coperte».
La ferita narcisistica è terribile. Io ho sempre dichiarato che a scuola sto come un topo nel formaggio, ho sempre detto che quando verrà il momento della pensione mi aggrapperò alla cattedra e dovranno venire i carabinieri per portarmi via, ed ora vengo accusato di esser venuto meno al mio dovere, di aver lasciato i colleghi soli nel momento del bisogno.
Cerco di dirmi che la strada era quasi impraticabile, che i mezzi pubblici erano pochi e terribilmente in ritardo, che la mia automobile era stata sepolta dal materiale ammassato da uno dei pochi mezzi spazzaneve attivi nel mio comune, tanto che ho impiegato due ore e mezza per liberarla, usando l’unico mezzo utile a mia disposizione: la paletta della pattumiera. Ma non riesco a darmi pace.
Dovevo immaginarlo che per il nostro avamposto culturale, sperduto al confine del deserto dei tartari dell’ignoranza, non potevano certo valere le consegne impartite dai comandi generali per il grosso della truppa. Come ho potuto non dotarmi di una slitta e dell’opportuna muta di cani?
Le scuole di intere regioni sono rimaste chiuse per neve, ma l’istituto Calvino di Rozzano non è una scuola come le altre, non ha professori come gli altri e non ha un preside come gli altri.
Per riscattarmi non mi resta che offrirmi di guidare un viaggio di istruzione… in Siberia
caro prof paganini, se lo lasci dire…ha fatto proprio bene a starsene a casa!!! w il letto caldo!!!