Devo riprendere a spiegare Kierkegaard. É stata una dura fatica far capire come si scriva e come si pronunci. Per farmi intendere ho raccontato aneddoti più o meno inventati, l’importante è che ci si creda, sul viaggio in Danimarca della mia collega Serena Augusta Carmo Felix de’ Doctis: tutto bene. Anche la spiegazione sullo stadio estetico, quello del don Giovanni e lo stadio etico, quello dell’assessore Guglielmo, marito fedele ha avuto successo: Sada vuole annotarsi alcune citazioni; le userà, immagino, per cuccare. Comunque assaporo il successo. Non siamo ancora all’applauso, non capita tutti i giorni, però arriverà, lo sento.
Ma il destino cinico e baro prepara la catastrofe. Spiego che l’assessore Guglielmo deve affrontare lo scacco del fallimento. La fedeltà sembra un’impresa impossibile. Qualcuno pare abbia detto: «Ma io vi dico: chiunque guarda una donna desiderandola in cuor suo, ha già commesso adulterio con lei!». E i maschietti selvatici mi guardano pieni di comprensione.
Ed ecco che si apre la possibilità del salto della fede, ecco che emerge la figura di Abramo.
Lo sguardo vitreo del mio uditorio mi interpella. Il dubbio mi percuote. «Pintiurro, chiedo, chi è Abramo?». Silenzio glaciale. Sollecito, in rapida successione, Pesce, Sada, Panzani, Fieri, Paone (bravo e diligente ragazzo dell’oratorio) – scene di imbarazzo. Pasqua, battendosi in fronte dice: «Ah, sì, Abramo! Quello della mela». Picchio ripetutamente la testa contro lo stipite della porta, mentre la signorina Ferri mi dice: «Ma io non faccio religione». Come se io, perché non faccio matematica, potessi non sapere le tabelline.
Vincendo la vergogna che mi accompagna da quando, alle elementari, il maestro mi consentiva, nel coro della scuola, soltanto l’urlo dell’uomo delle nevi, perché di più da me non si poteva pretendere, con sforzo istrionesco, intono una canzone cantata in tutte le chiese. La signorina Sordini, per compiacermi, dice che le par di averla già sentita. sarà soltanto Pirella, pietoso, a soccorrermi, raccontando sommariamente ai compagni la storia che ha ripescato in polverosi e trascurati anfratti della memoria.
In compenso, quando cito Ifigenia, tutti la conoscono come se fosse una compagna di banco.