Anche durante le vacanze i professori pensano alla scuola.
Qualche giorno fa, mentre passeggiavo sul crinale tra la Val Parma e la Val Magra, ho incontrato una collega di un’altra scuola, in tuta mimetica: «Mi sto allenando – mi dice – per essere efficiente all’inizio delle lezioni!»
La professoressa Marzia Squadroni, sarà per via del nome, pensa che la scuola sia una guerra, una dura lotta, senza esclusione di colpi, da condurre contro selvaggi infidi, che potranno essere portati alla civiltà solamente attraverso il vaglio purificatore della sofferenza.
Per lei lo studente è, per definizione, un subdolo mentitore da smascherare. Se pare che uno studente sappia, indaga bene: troverai l’errore. Se uno studente sembra comportarsi bene, è meglio diffidare: sotto sotto si sta prendendo gioco dell’insegnante.
A questa regola fanno eccezione soltanto le poche vittime della sindrome di Stoccolma, sempre pronte a compiacere la docente padrona, ma anche per loro vale la legge fondamentale: la scuola è e deve essere dolore oppure non è scuola.
Per fortuna si dice che da noi non ci sia nessuno così…